Meeting di Rimini 2025. Meloni: “Chi ha governato l’Italia, prima di noi, ha confuso il diritto al lavoro con il diritto a un reddito”

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AgenPress. Per troppo tempo, prima di noi, chi ha governato l’Italia ha confuso il diritto al lavoro con il diritto a un reddito, rifugiandosi nell’assistenzialismo pur di non esercitare quel faticoso dovere che è in capo allo Stato e cioè il compito di creare le condizioni affinché il diritto al lavoro sia concretamente garantito. Al contrario, noi abbiamo sempre pensato che mentre i sussidi come il reddito di cittadinanza, deresponsabilizzano la società e atrofizzano le persone, la sussidiarietà – cioè la società dovunque possibile, lo Stato quando necessario –  mobilitino le persone. Abbiamo sempre pensato che la vera ricchezza di una Nazione e di un popolo risieda nel lavoro. E questa è la visione che abbiamo seguito e declinato in tutte le nostre scelte. Però anche qui, forse in fondo non abbiamo fatto altro che credere nell’Italia, credere nelle sue imprese, nei suoi lavoratori, mettere quelle imprese e quei lavoratori nelle condizioni migliori per liberare il loro potenziale. I dati positivi che stiamo registrando sul fronte dell’occupazione ci incoraggiano a proseguire in questa direzione per consolidare quella traiettoria di crescita che ha permesso in poco più di mille giorni di creare oltre un milione di nuovi posti di lavoro, la gran parte dei quali a tempo indeterminato.

Però ci poniamo un obiettivo altrettanto ambizioso, che è quello di ricostruire su basi nuove la dinamica tra lavoratori e datori di lavoro. Dinamica che, in un tessuto produttivo come il nostro, fatto in gran parte da piccole e medie imprese, non può che essere fondata sulla condivisione e non sullo scontro. Perché io non ho mai conosciuto un solo imprenditore che non considerasse i suoi dipendenti la principale risorsa che aveva a disposizione. E il primo fondamentale “mattone nuovo” che abbiamo cementato insieme alle parti sociali e ai corpi intermedi è stata la legge di iniziativa popolare, storica battaglia della destra, poi promossa dalla Cisl, approvata dal Parlamento, sostenuta dal Governo, sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa. Un traguardo che l’Italia aspettava da 80 anni e che è un punto di partenza per declinare una visione autenticamente sussidiaria del lavoro e della produzione.

Abbiamo rimesso al centro il lavoro, ma ci siamo anche occupati di restituire all’Italia quella credibilità di cui aveva bisogno per affrontare un quadro economico, finanziario e internazionale, come si ricordava, tra i più complessi di sempre. È una credibilità riconosciuta dai mercati, dagli investitori, dai risparmiatori, che abbiamo saputo costruire dimostrando sì certo, attenzione ai conti pubblici, però senza rinunciare a destinare risorse record alla sanità, al sostegno delle imprese, al potere d’acquisto dei lavoratori con redditi più bassi, delle famiglie più fragili. Lo abbiamo fatto con il taglio del cuneo fiscale reso strutturale, la detassazione dei premi di produttività e dei fringe benefit, l ‘IRPEF premiale per le imprese che investono e assumono, la decontribuzione, la super deduzione del costo del lavoro, prevista sempre in favore delle imprese che creano occupazione, abbiamo avviato la riforma dell’IRPEF con la riduzione da 4 a 3 aliquote con un intervento che ha un effetto diretto, tangibile, sulle tasche dei lavoratori e dei pensionati, ora è tempo di fare di più.
Ora vogliamo concentrare la nostra attenzione sul ceto medio, così da rendere il sistema più equo, più incentivante per chi produce reddito e contribuisce allo sviluppo della Nazione. E, allo stesso modo, intendiamo continuare a sostenere le imprese, dove l’obiettivo principale e più ambizioso che mi pongo rimane quello dell’abbassamento strutturale del costo dell’energia che pesa come un macigno sulla competitività italiana.

Eppure, la centralità del lavoro e della persona rimarrebbe un richiamo teorico, se non implicasse anche un impegno serio per l’educazione e la formazione, che è non il mattone nuovo, ma l’architrave stesso su cui è possibile costruire un’Italia protagonista della nuova epoca.

Stiamo lavorando per moltiplicare le opportunità, valorizzare il merito, che è l’unico vero ascensore sociale che abbiamo a disposizione, se accompagnato da uguaglianza nel punto di partenza. Ed è un percorso che abbiamo avviato non solo assicurando maggiori strumenti, risorse, organici al mondo della scuola, dell’università, della ricerca, non solo con la riforma dell’istruzione tecnica e professionale, perché per noi la sfida non è l’alternanza scuola-lavoro, ma semmai una grande alleanza tra scuola e lavoro, ma anche con il coraggio di introdurre piccole grandi rivoluzioni come quella che riguarda le modalità di accesso alla facoltà di medicina.

E se vogliamo avere il coraggio di portare altri mattoni nuovi nel mondo dell’educazione, io penso che non dobbiamo avere timore nel completare il percorso avviato in questi anni e trovare gli strumenti che assicurino alle famiglie, in primis alle famiglie con minori capacità economiche, di esercitare pienamente la libertà educativa sancita dalla Costituzione. L’Italia rimane l’ultima Nazione in Europa senza un’effettiva parità scolastica, e io credo che sia giusto ragionare sulla questione con progressività, con buonsenso, ma soprattutto sgombrando il campo da quei pregiudizi ideologici che per troppo tempo hanno impedito di affrontare seriamente il tema.

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