AgenPress. AISI, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti, interviene con fermezza sul dibattito riguardante la possibile sospensione dell’attività intramoenia dei medici.
Per AISI, si tratterebbe di una misura miope, controproducente e potenzialmente devastante per l’intero ecosistema sanitario, già in difficoltà per carenza di personale, liste d’attesa crescenti e squilibri territoriali.
SACCOMANNO: “L’intramoenia sostiene l’accesso alle cure. Togliere questo strumento significherebbe togliere tutele ai cittadini”
«Eliminare l’intramoenia non è una riforma: è un arretramento.
È togliere un meccanismo che oggi consente a migliaia di cittadini di accedere a prestazioni specialistiche con tempi ragionevoli e il più delle volte costi contenuti», dichiara Karin Saccomanno, presidente AISI.
«In un sistema costantemente sotto pressione, l’intramoenia rappresenta ancora oggi una valvola di sicurezza. Toglierla significa aumentare le liste d’attesa, ampliare le disuguaglianze territoriali, indebolire le tutele di chi ha bisogno. Non si può scaricare l’emergenza organizzativa sui professionisti che già reggono, con fatica, la macchina sanitaria».
Saccomanno richiama anche il rischio di fuga dei medici: «Se si cancellano spazi di autonomia professionale, si incentiva la diaspora verso l’estero. A pagare sarebbe solo il cittadino».
ONESTI: “L’intramoenia è parte dell’equilibrio del sistema sanitario. Senza, collasserebbero flussi e volumi”
Per Giovanni Onesti, direttore generale di AISI, l’intramoenia non è un dettaglio amministrativo, ma un pilastro del funzionamento reale della sanità italiana.
«La collaborazione tra pubblico e privato integrato si basa su un ecosistema di servizi che si tengono l’un l’altro. L’intramoenia è uno di quei pilastri invisibili ma essenziali: riduce la pressione sui reparti, distribuisce i volumi, evita che l’intero sistema vada in tilt. Pensare di abolirla, oggi, sarebbe un atto irresponsabile».
Onesti evidenzia inoltre che la rimozione dell’intramoenia «non porterebbe più equità, ma l’opposto: costringerebbe le famiglie a rivolgersi a un mercato privato puro, spesso fuori dalla portata economica di molti».
VIVALDI: “Il problema non è l’intramoenia. Il problema è la mancanza di personale, investimenti e organizzazione”
Il segretario generale Fabio Vivaldi invita a spostare il dibattito sui veri nodi cruciali: «La crisi delle liste d’attesa non dipende dall’intramoenia, è l’esatto contrario, ma dalla carenza strutturale di specialisti, dalla diminuzione del personale, dalla mancata programmazione e da infrastrutture obsolete. Spostare il problema sui medici significa evitare di affrontare le cause reali».
Per Vivaldi, eliminare l’intramoenia sarebbe un “falso rimedio”: «Non servono misure punitive. Occorre piuttosto un piano serio su assunzioni, digitalizzazione, efficienza amministrativa, percorsi diagnostici appropriati e integrazione col territorio. L’intramoenia va modernizzata, non cancellata».
AISI: “Si lavori sui veri problemi, non su soluzioni che genererebbero nuovo caos”
L’Associazione sollecita un confronto tecnico con istituzioni, imprese sanitarie, professionisti e comunità cliniche per evitare interventi non supportati da evidenze.
«Senza una visione d’insieme — conclude AISI — ogni taglio diventa un boomerang.
La sanità italiana ha bisogno di stabilità, investimenti, innovazione, personale e governance.
Non di provvedimenti che rischiano di compromettere irrimediabilmente l’accesso alle cure proprio per chi ha più bisogno».
