Se così è si dovrebbero leggere le storie del Sindacato Libero Scrittori Italiani e i diversi saggi di Francesco Grisi, di Giano Accame, di Fausto Gianfranceschi, di Giuseppe Prezzolini, di Claudio Quarantotto, di Alfredo Cattabiani e tutto il repertorio Rusconi (parlo soltanto di alcuni pensatori che non ci sono più). È storia vera non parole in libertà.
Il contendere qual è? Pasolini conservatore? Assolutamente no!
Una certa destra vorrebbe impossessarsi di Pier Paolo Pasolini. Vorrebbe farlo entrare nel Pantheon dei conservatori. Vorrebbe riproporlo come autore della destra che ha legato il Novecento italiano alla tradizione “identitaria”.
Perché tutto questo? Chi pensa ciò non ha letto bene Pasolini o ancora non lo conosce o non ha letto tutta, dico tutta, la sua opera. Non lo hanno mai ascoltato e neppure udito qualche sua intervista su Internet. Compresa la sua trasposizione cinematografica del marchese De Sade (vista al “Rialto” di Roma nei miei anni universitari in una città che esplodeva). Compreso anche il suo tentativo incompiuto di un libro su San Paolo.
Cosa penso di Pasolini l’ho scritto in fiumi di pagine. Comunque. Si potrebbe fare un interscambio: Pasolini ai conservatori, a quelli che si considerano conservatori oggi, e Vincenzo Cardarelli, Giovanni Papini, Giuseppe Berto, ignazio Silone, Cesare Pavese, Marcello Galliani, Carlo Mazzantini, Francesco Grisi, Nantas Salvataggio, Alberto Bevilacqua ai progressisti. Va bene così?
Insomma si sta facendo una grande confusione o una banale strumentalizzazione e ciò non credo porterà un contributo all’interno della stessa vasta area della destra che guarda alla politica con lo sguardo e gli strumenti culturali.
Con l’aggravante che l’incontro, con la presenza del Presidente del Senato, assume, tra l’altro, una valenza fortemente istituzionale. No. Non va bene cosi. Pasolini non è assolutamente parte integrante della cultura e dei valori dei conservatori, come si vorrebbe far credere dell’incontro romano del 25 Novembre. Almeno per come considero io i conservatori. Pasolini non ha la formazione del conservatore. Lo si nota nei suoi romanzi. Lo si sente in “Petrolio”, postumo. Lo si nota nel cinema. Piuttosto rivoluzionario il cinema, può piacere o meno, e realizza una poesia sperimentale. Infatti linguisticamente egli stesso si considera uno sperimentalista in contrapposizione all’avanguardia finta del ’63.
I “Scritti corsari”? Emerge piuttosto una “cultura popolare” con degli stilemi antropologici e etnici come nelle poesia a Casarsa in lingua friulana. Ma questo è tutt’altro discorso. Dagli elzeveri del “Corsera” si può affermare che è un conservatore?
È completamente senza una metodologia applicare questa visione.
Si manda al macero una tradizione letteraria con autori forti per recuperare Pasolini? Ma a chi giova? Bisogna conoscere gli scritti di Pasolini e non ragionare anche in una certa destra per slogan. O si vuole prendere come esempio la sua intervista a Ezra Pound?
Ragazzi non scherzate con la vera cultura identitaria