Suicidio assistito. Ines, 51 anni, affetta da sclerosi multipla, muore in Svizzera. Cappato: non ci autodenunceremo

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AgenPress –  “Ines” (nome di fantasia), donna lombarda di 51 anni, affetta da quasi vent’anni da sclerosi multipla, ha deciso di andare in Svizzera per poter accedere al “suicidio medicalmente assistito”.

È stata accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, iscritti a Soccorso Civile, l’Associazione che fornisce l’assistenza alle persone che hanno deciso di porre fine alle proprie sofferenze all’estero, e di cui è Presidente e responsabile legale Marco Cappato.

L’azienda sanitaria locale, alla quale la donna aveva inviato lo scorso maggio la richiesta per poter accedere al “suicidio medicalmente assistito”, reso legale in Italia dalla sentenza 242 del 2019 (sul caso Cappato-Antoniani), a oggi non ha ancora trasmesso la relazione finale e il parere del comitato etico.

Dopo una prima diffida da parte di “Ines”, tramite i suoi legali coordinati dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, la Commissione medica della ASL ha visitato la donna due volte, senza fornire la valutazione sulla sussistenza delle condizioni e le modalità per procedere, incluso il parere del comitato etico competente. Così, qualche giorno fa “Ines” ha diffidato nuovamente l’azienda sanitaria, evidenziando come la recente sentenza della Corte costituzionale (n. 135/2024) abbia chiarito che il servizio sanitario deve intervenire “prontamente” per assicurare lo svolgimento dell’iter di accesso al suicidio assistito. La ASL, la scorsa settimana, ha risposto prendendo tempo e comunicando che la relazione medica è stata inviata al comitato etico.

“Ines” è in possesso di tutti i requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale, ma ha comunque deciso di andare in Svizzera per accedere all’aiuto alla morte volontaria perché ormai le proprie sofferenze erano divenute tanto insopportabili da renderle impossibile attendere ancora altro tempo.

Nonostante il “suicidio medicalmente assistito” sia legale in Italia a determinate condizioni, previste dalla sentenza 242 del 2019 delle Consulta, il servizio sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le opportune verifiche. Molti pazienti rimangono in attesa di ASL e comitati etici territoriali che, per verificare le condizioni, possono impiegare anche mesi. Un tempo che molte persone malate con sofferenze intollerabili non hanno.

Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna “Liberi Subito” con una raccolta delle firme per una proposta di legge regionale che garantisca il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti per giungere a una risposta da parte del servizio sanitario.

 Niente autodenuncia, stavolta, per Marco Cappato e i due volontari. “Anche nel caso di dj Fabo e di tutte e sette le denunce successive – ha detto Cappato -, noi abbiamo raccontato l’accaduto alle forze dell’ordine, ma abbiamo sempre rivendicato di aver operato secondo noi nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione. Oggi non abbiamo ritenuto di impegnare tempi e risorse delle forze dell’ordine e della magistratura, perché abbiamo agito non solo nel rispetto dei diritti fondamentali di Ines e della Costituzione, ma anche della sentenza della Corte Costituzionale che ha forza di legge”.

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni ha poi spiegato che oggi l’obiettivo non è quello di “offrire un’interpretazione, perché avremmo chiesto come le altre volte l’iniziativa della giustizia per verificare le nostre tesi. Qui siamo di fronte a un fatto oggettivo: Ines rientrava nei criteri che le davano diritto ad accedere alla morte volontaria in Italia. Se questo non è accaduto, è perché il sistema sanitario, dopo 80 giorni, non ha risposto”. La richiesta è quella di “regole” affinché non accada più che “una persona debba spendere 10-12mila euro e la fatica del viaggio per andare in Svizzera a far valere un diritto che potrebbe avere in italia”.

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