AgenPress. La School of Gender Economics dell’Università Unitelma Sapienza pubblica un’indagine nazionale che porta alla luce dati originali e inediti sul rapporto tra lavoro di cura, tempo personale, benessere e partecipazione economica delle donne italiane.
La ricerca, guidata dalla Professoressa Azzurra Rinaldi, Direttrice della School of Gender Economics, è stata realizzata in collaborazione con la Dottoressa Claudia Pitteo e con il supporto del Dottor Dawid Dawidowicz dell’Università West Pomeranian (Polonia).
Il Report, dal titolo “Determinanti strutturali e meccanismi di riproduzione delle disuguaglianze di genere”, non si limita a sintetizzare studi esistenti, ma introduce nuove evidenze empiriche basate su un campione di 2.456 partecipanti, restituendo una fotografia precisa dell’impatto del lavoro di cura non retribuito sulle vite professionali delle donne.
TEMPO COME INDICATORE ECONOMICO: UN DIVARIO CHE FRENA LE CARRIERE
Uno dei risultati più rilevanti riguarda la disponibilità di tempo personale, che l’indagine identifica come un vero e proprio indicatore economico.
Nella fascia 26–35 anni, l’83% delle partecipanti si dichiara frequentemente stanca; tra i 36–45 anni, l’81% non riesce a dedicare nemmeno un’ora al giorno a se stessa.
La fase della costruzione della carriera coincide dunque con una drastica riduzione del tempo disponibile, con effetti evidenti sul benessere e sulle opportunità professionali.
LAVORO DOMESTICO: LA CURA RESTA UN CARICO A SENSO UNICO
Dall’indagine emerge inoltre che il 53% delle donne si occupa interamente da sola del lavoro domestico, mentre quasi il 30% riceve un coinvolgimento solo parziale del partner.
Nonostante l’aumento dell’occupazione femminile, la divisione dei compiti familiari rimane profondamente sbilanciata, smentendo la narrazione secondo cui il cambiamento culturale sarebbe già compiuto.
SMART WORKING: FLESSIBILITÀ DOVE SERVE MENO
Un’altra evidenza nuova riguarda l’accesso allo smart working:
- le donne tra i 46 e i 60 anni hanno una probabilità del 57% di lavorare con modalità flessibili;
- al contrario, il 70% delle donne tra i 26 e i 35 anni non ha alcuna possibilità di accedervi.
La flessibilità lavorativa risulta dunque più disponibile quando la pressione familiare diminuisce e meno accessibile proprio nella fase in cui la necessità è maggiore.
BENESSERE EMOTIVO E PRODUTTIVITÀ: UN LEGAME DIRETTO
Il Report evidenzia anche l’impatto psicologico della combinazione tra carico di cura, mancanza di tempo personale e pressione organizzativa:
il 70% delle partecipanti riporta effetti significativi come stanchezza cronica e difficoltà nel recupero energetico.
Non si tratta di percezioni isolate, ma di una condizione sistemica che influisce sulla salute e sulla produttività, un nesso raramente indagato con tale profondità nel contesto italiano.
IL TEMPO COME RISORSA ECONOMICA SCARSA
In linea con le evidenze internazionali — come i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che registra 708 milioni di donne escluse dal mercato del lavoro per responsabilità di cura — l’indagine di Unitelma introduce una prospettiva nuova:
la discriminazione non riguarda solo l’accesso al lavoro retribuito, ma il tempo che le donne possono effettivamente dedicare a sé stesse, alla formazione e alla crescita professionale.
Il tempo emerge così come una risorsa economica scarsa, distribuita in modo diseguale.
LE PRIORITÀ DI CAMBIAMENTO: SERVONO INTERVENTI STRUTTURALI
Alla domanda su cosa potrebbe migliorare la gestione del tempo, le risposte convergono su tre priorità, che rappresentano circa l’80% delle preferenze:
- una più equa collaborazione del partner nelle responsabilità di cura;
- una diversa organizzazione degli orari di lavoro;
- una maggiore flessibilità in entrata e uscita.
La richiesta non riguarda strategie individuali, ma cambiamenti strutturali.
UN PASSAGGIO DECISIVO PER L’AUTONOMIA ECONOMICA DELLE DONNE
Il Report mostra che la scarsità di tempo personale non è un effetto collaterale, ma il meccanismo centrale attraverso cui la disuguaglianza si produce e si perpetua.
Rendere visibile questo processo significa ridefinire l’analisi economica e riconoscere che la vera sfida riguarda la quantità di tempo disponibile per la vita professionale e personale.
Da questo dipende la possibilità, per le donne italiane, di garantirsi piena autonomia economica.
