Conte si prepara a dire addio al marchio Movimento 5 Stelle. Diverse ipotesi in campo

AgenPress. Dopo avere registrato lo scorso inverno una nuova lista, Insieme, come Radio Popolare aveva anticipato, ora Conte prepara un’altra mossa: un nuovo nome per il movimento 5 stelle che vorrebbe a guidare, dove il vecchio logo dei 5 stelle sarebbe molto ridimensionato o potrebbe addirittura sparire.

Lo dicono a Radio Popolare fonti vicine a Conte, tra coloro che, dal Movimento che sta esplodendo nella faida con Casaleggio, resterebbero con l’ex premier e con Grillo.

 

Il comico genovese è il vero ostacolo all’operazione. Lui non vorrebbe rinunciare al marchio storico ma molti, a cominciare da Conte, premono per fare una cosa completamente nuova.

Un po’, il logoramento certificato dai sondaggi e aggravato dalla pessima uscita dello stesso Grillo in difesa del figlio accusato di stupro. Un po’, il desiderio di costruire un partito che si dia una struttura solida, più tradizionale rispetto al modello immaginato anni fa attorno ai meet up. Un po’, l’ambizione di Conte di incarnare una leadership forte che faccia dimenticare il passato. Col rischio però di creare l’ennesimo partito personale.

 

E poi c’è la questione del logo. Le fonti contiane dicono a Radio Popolare che problemi non ce ne sono. Ma una sentenza della Corte di Appello di Cagliari di pochi giorni fa ha dato ragione a Casaleggio e ha confermato la nomina di un curatore che si occupi della gestione del Movimento, disconoscendo il ruolo di “capo politico” rivestito oggi da Vito Crimi.

Insomma il logo non è solo in discussione sul piano politico ma anche conteso.

 

Nei mesi scorsi è circolata l’ipotesi che il nuovo partito di Conte si chiamasse “Movimento 2050”. Questa potrebbe essere una base cui affiancare altri simboli e nomi, a cominciare dal nome di Conte, e poi una formula attorno alla parola “Insieme” magari. E il logo dei 5 Stelle più o meno in evidenza, sempre che rimanga nella disponibilità.

 

Quel che è certo è che Conte e chi sta con lui ha prima di tutto un’ambizione in testa: tenersi la good company, che non è solo l’elenco degli iscritti a Rousseau ma anche e soprattutto l’immagine politica dell’ex presidente del Consiglio e buttare a mare la bad company, ossia gli errori, le divisioni, le ambiguità politiche del vecchio Movimento

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