Aumenti di prezzi e tariffe nella fase 2. Una nuova spada di Damocle sulle teste delle famiglie italiane
Interris.it ne ha parlato con il professor Rosario Trefiletti, presidente del Centro Consumatori Italiani
Agenpress. Dal 18 maggio, con l’allentamento del lockdown – imposto dal governo per contenere la diffusione del contagio da Covid-19 – una serie di attività come bar e locali, barbieri e parrucchieri hanno potuto rialzare la serranda. Subito è saltato all’occhio un aumento dei prezzi e delle tariffe. I ristoratori e i commercianti si giustificano affermando di dover coprire spese aggiuntive, ad esempio la sanificazione dei locali. Un allarme che il Codacons aveva lanciato prima della riapertura. Negli ultimi giorni le segnalazioni sono aumentate e il rischio è che la crisi economica potrebbe ulteriormente aggravarsi. Interris.it ne ha parlato con il professor Rosario Trefiletti, Presidente del Centro Consumatori Italiani.
Professore, sono diversi i gestori di bar, locali, parrucchieri e barbieri segnalati al Codacons per aver aumentato il listino dei prezzi. Come si spiegano questi rincari?
“Non si giustificano. Per la verità noi avevamo denunciato da molto tempo che ci sono stati dei rincari ingiustificati e molto pesanti per le famiglie per quanto riguarda i prodotti agroalimentari. Sono state aperte delle inchieste, sia dalla Procura di Milano che dall’Antitrust, perché aumenti considerevoli, del 30 o 40 per cento, ma in alcuni casi anche del 50% di questi beni, hanno taglieggiato e molto le tasche dei cittadini. Ci sono stati aumenti speculativi al massimo di tutti i prodotti di sanificazione e tutto ciò che riguarda la cura del corpo, i guanti e le mascherine. Noi abbiamo messo sotto controllo, dopo l’apertura del giorno 18, e abbiamo chiesto ai cittadini di inviarci segnalazioni su aumenti che si potevano verificare in bar e i parrucchieri. Le prime indicazioni hanno evidenziato che per quel che riguarda i bar ci sono stati rincari moderati, attorno al 10-15%, per i parrucchieri si è arrivati anche al 25-30%. Questi dati ci preoccupano”.
In questo modo non si rischia di allontanare i clienti creando conseguenze economiche ancora più gravi?
“Proprio così. Noi abbiamo fatto un appello ai commercianti, comprendendo che hanno sofferto e tuttora soffrono per la chiusura prolungata e la mancanza di mercato, ma ci sono milioni di cittadini in Italia che non hanno uno stipendio, perché non lavorano o perché sono sotto cassa integrazione. Ecco perché fare un aumento dei prezzi in questa fase significa contrarre i consumi e allontanare un certo equilibrio tra offerta di mercato e domanda. Credo che molti comincino a capire che questa sia una manovra sbagliata”.
Aumenti dei prezzi sono stati registrati anche nel settore alimentare. Secondo l’Istat il prezzo dei generi alimentari è salito di circa il 2,8%. Un ulteriore problema per le famiglie che fanno fatica a mettere in tavola il pane?
“Certo, anche perché il 2,8% segnalato dall’Istat, è un tasso che riguarda centinaia di prodotti. Noi abbiamo registrato un aumento del 30-40-50% di prodotti tipici dell’agroalimentare, come frutta e verdura. C’è un aumento considerevole di specifici settori che sono quelli che vanno alla grande per quanto riguarda i consumi delle famiglie”.