Intervista a Interris.it dell’ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia: “Nel drammatico impoverimento generale provocato dalla pandemia occorre abbassare il prezzo del latte artificiale”
AgenPress. Sos caro-latte artificiale nell’emergenza coronavirus. “In Italia il prezzo del latte in polvere è tra i più alti in Europa. Molti genitori sono costretti ad acquistarlo su Internet in Germania. L’impoverimento generalizzato da Covid-19 richiede un intervento immediato per abbassare il prezzo del latte artificiale- afferma a Interris.it l’ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia-. Le famiglie dei lavoratori precari o sommersi che non hanno più reddito a causa dell’emergenza sanitaria non possono pagare 50 euro a settimana per un alimento indispensabile alla sopravvivenza dei neonati”.
Latte senza sussidi
Da scienziato e da cattolico, l’ex ministro della Salute è in prima linea nel denunciare la “totale irrazionalità e la crudele ingiustizia del mancato aiuto dello Stato e delle regioni alle mamme che non possono allattare naturalmente i loro bambini e sono costrette a pagare un prezzo esorbitante per acquistare il latte in polvere”.
Qual è la sua proposta al governo e alle regioni per calmierare il prezzo del latte artificiale che tanto grava sulle famiglie soprattutto nelle nuove povertà create dall’emergenza covid?
“E’ urgente che le autorità sanitarie mettano attorno a un tavolo le aziende produttrici. Da ministro della Salute ho sperimentato quanto sia difficile. Non si può imporre un prezzo amministrato perché il latte artificiale non equiparato a un farmaco e così i produttori ci straguadagnano. Appena si ipotizza un intervento sui prezzi, minacciano di fare concorrenza all’Autorità garante della concorrenza e del libero mercato. In questo modo hanno la certezza di continuare a imporre il prezzo che vogliono”.
Come si può aggirare questo ostacolo burocratico?
“Ci sono due strade possibili. O il Servizio sanitario nazionale comincia a passare il latte artificiale come se fosse un farmaco o un alimento speciale come, per esempio, i cibi per diabetici e celiaci. Oppure, se questa prima via non si dimostrasse percorribile, va ricercato un accordo bonario con le aziende per non arrivare a cattivi rapporti e a decisioni imposte che provocherebbero una guerra di carte bollate da cui è impossibile per le autorità sanitarie uscire vincitrici”.
Quale di queste due strade può garantire risultati più sicuri per le famiglie?
“Se il Servizio sanitario nazionale potesse intervenire direttamente e ci fossero le risorse necessarie, darebbe più garanzie un inserimento del latte artificiale nel prontuario. L’alternativa è che il ministero della Salute e le regioni dicano alle aziende produttrici: ‘Straguadagnate, cercate di finirla oppure prendiamo provvedimenti. O ci mettiamo d’accordo con le buone o andiamo avanti da soli con le cattive’. C’è una carta fondamentale che le autorità pubbliche possono giocare in questa fondamentale partita in cui è in gioco la tutela dell’infanzia”.
A cosa si riferisce?
“Si può creare immediatamente una centrale di acquisto. Lo possono fare sia lo Stato sia le Regioni. In questo modo le autorità sanitarie sono in grado di acquistare e rivendere a basso prezzo il latte artificiale. A patto naturalmente che le cose si facciano bene e non accada come sta avvenendo con i banchi scolastici anti-contagio pagati tre volte di più del prezzo di mercato”.
A quale ingiustizia sociale occorre porre subito rimedio?
“Quando una mamma non può nutrire naturalmente un neonato perché non ha il latte, lo Stato deve aiutarla. Il latte artificiale non è un optional o un alimento superfluo, bensì è un mezzo di sopravvivenza indispensabile. La pandemia, soprattutto nelle aree più povere d’Italia, ha privato di qualunque reddito centinaia di migliaia di famiglie che sbarcavano il lunario con lavori in nero o precari”.
Come se ne esce?
“Bisogna equiparare il latte artificiale ai cibi speciali, quelli per diabetici e per celiaci. Se non si riesce ad arrivare ad un intervento pubblico a livello di centrale di acquisto, occorre trovare altri modi per calmierare e abbattere i prezzi per le famiglie. Ci sono già enti locali come i comuni che intervengono a sostegno, ma la situazione è a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Serve un intervento organico e uniforme”.
Può farci un esempio?
“Sono rari i casi in cui l’allattamento al seno non viene fatto volontariamente. Nella grande maggioranza dei casi il ricorso all’alimentazione artificiale del neonato è una necessità. Quindi lo Stato non può privare un bambino del cibo che lo tiene in vita e gli consente di crescere. Il latte artificiale è indispensabile alla salute. I celiaci e i diabetici ricevono dalle autorità pubbliche un buono per acquistare il cibo. Deve accadere anche per il latte artificiale o si crea una discriminazione odiosa, un’ingiustizia sociale inaccettabile”.