AgenPress – Almeno 18 persone sono morte e altre decine sono rimaste ferite dai colpi d’arma da fuoco sparati dalle forze di sicurezza per disperdere le imponenti manifestazioni dei cittadini che chiedono la restaurazione del governo civile di Aung San Suu Kyi, deposto dai militari lo scorso 1 febbraio.
Lo riferisce l’Ufficio Onu per i diritti umani, citato dalla Bbc, affermando di avere “informazioni credibili” su questi decessi. “Il popolo del Myanmar ha il diritto di riunirsi pacificamente e chiedere il ripristino della democrazia”, ha detto la portavoce Ravina Shamdasani.
“L’uso della forza letale contro manifestanti non violenti non è mai giustificabile in base alle norme internazionali sui diritti umani”. Secondo l’Onu, le forze di sicurezza sono intervenute con la forza – sparando anche proiettili veri – contro folle pacifiche a rangoon, dawei, mandalay, myeik, bago e pokokku. Sui social media girano video di poliziotti anti-sommossa che sparano verso gruppi di manifestanti disarmati, nonchè scene di guerriglia urbana con esplosioni e gas lacrimogeni. La giunta militare ha quindi mantenuto la promessa di utilizzare maniere ancora più forti contro i dimostranti, dopo aver utilizzato nelle scorse settimane pallottole di gomma, lacrimogeni e cannoni ad acqua.
Secondo fonti mediche, il bilancio potrebbe peggiorare nelle prossime ore in quanto negli ospedali stanno continuando ad arrivare feriti. Nel centro di Yangon la polizia ha iniziato a sparare colpi d’arma da fuoco prima che partisse una manifestazione per costringere la folla a disperdersi subito ma non è ancora chiaro se ci siano state vittime. “La polizia ha iniziato a sparare non appena siamo arrivati, non hanno detto nemmeno una parola di avvertimento”, ha raccontato alla France Presse una testimone, “alcune persone sono rimaste ferite, e altre sono ancora nascoste nelle case del vicinato”. Intere categorie professionali e dipendenti pubblici in ogni settore sono in sciopero, con l’effetto di mettere in ginocchio l’economia. Messi in imbarazzo da una risposta della popolazione che probabilmente non avevano previsto, il timore è che i militari decidano di calare un pugno ancora più duro. La pressione internazionale non sembra finora avere alcuna influenza sul Generale Min Aung Hlaing.