Intervista esclusiva SprayNews.it a Antonio Ingroia
AgenPress. Antonio Ingroia, ex magistrato e politico italiano, in qualità di avvocato, in un’intervista esclusiva su Spraynews, interviene sul caso dell’imprenditore Benedetto Bacchi.
Il suo assistito, nonostante sia ancora in attesa di giudizio, non solo è stato lasciato deperire nel carcere di Vicenza ma avrebbe tentato più volte il suicidio, soffrendo di una grave depressione come d’altronde attestato anche dai periti di tribunale e non solo da quelli di parte.
Quali sono le attuali condizioni di Bacchi?
«Come attestato da numerose perizie e relazioni sanitarie, sono gravi. Soffre di una sindrome depressiva anche con manifestate intenzioni suicidarie, riconosciute non solo dallo psichiatra consulente di parte, ma attestate dal perito nominato dal tribunale fin da gennaio. Si era ritenuto, infatti, che bisognava vedere l’esito delle terapie farmacologiche a cui era stato sottoposto. Nuove relazioni, poi, avevano sottolineato che non avevano alcun effetto, tanto che è stato trasferito in un carcere, come quello di Vicenza, ritenuto specializzato per la cura di queste gravi patologie. Qui anche la relazione sanitaria interna ha condiviso le conclusioni stabilite dalle precedenti perizie, ovvero che non si può risolvere il problema con i farmaci, ma occorrono cure psicologiche e psichiatriche per le quali le strutture carcerarie italiane non sono adeguate, nonché il supporto morale e affettivo dei suoi familiari».
Bacchi ha famiglia?
«Ha bambini piccoli in tenera età. Durante il periodo del Covid è stato lontano da loro, non ha mai potuto avere colloqui per ormai quasi due anni perché non ci si poteva trasferire per le disposizioni anti-pandemia da una Regione all’altra. Ha avuto anche il Coronavirus con conseguenze e ricadute. Non si comprende, quindi, come dopo tre anni, senza neppure una sentenza, ancora in attesa di giudizio, si possa far stare una persona così. Questo è uno dei mali principali del nostro paese».
Che appello, quindi, si sente di dare a chi è vittima della malagiustizia?
«I colpevoli quando condannati e definitivi è giusto che scontino la loro pena, mentre per i detenuti in attesa di giudizio, sempre presunti innocenti, è un’ingiustizia che debbano stare due o tre anni in carcere in regime di alta sorveglianza, come si trova Bacchi, avendo tra l’altro un’accusa di presunta collusione con la mafia, come concorso esterno, mentre in realtà riteniamo di aver dimostrato che si è trattato di una semplice vittima. Il suo unico errore è stato il non aver denunciato le estorsioni e le minacce subite insieme agli agenti della sua rete quando era stato sotto pressione. Nessuno, però, può essere condannato per questa ragione».
Le ultime immagini di Santa Maria Capua Vetere, poi, dimostrano come oggi essere in un penitenziario non è il massimo…
«Essere in carcere non è così semplice. Questo scandalo gravissimo dimostra come stare in un ambiente del genere è molto difficile. Tra l’altro non stiamo parlando, nel caso di Bacchi, di un criminale incallito e recidivo, ma di un incensurato, di un imprenditore sotto processo e in attesa di sentenza. In queste condizioni, poi, è davvero assurdo che non possa andare agli arresti domiciliari, d’altronde con tutte le cautele tecnologiche che la legge prevede, come il braccialetto elettronico e il divieto di avere colloqui con terzi esterni. Riteniamo che la sua posizione, sia stata danneggiata esclusivamente da un fatto, il gran clamore che c’è stato in merito all’indagine. E’ come se la Procura di Palermo non volesse fare un passo indietro dopo aver emesso lo stigma del mafioso a un imputato che riteniamo innocente e che ha il diritto di tornare dalla sua famiglia, visto le gravi condizioni cliniche in cui si trova, attestate anche dai periti nominati dal tribunale».
Ha prevalso, ancora una volta, un “processo mediatico”?
«Purtroppo sì, sbattuto in prima pagina e adesso a causa di quella condanna mediatica difficile da assolvere».
Queste vicende dimostrano l’importanza di una riforma della giustizia. Quanto è importante non perdere altri mesi?
«La riforma della giustizia più importante è quella sui tempi. Sono troppo lunghi e lenti. Non si può tenere in carcere per anni e anni detenuti in attesa di giudizio».
di Edoardo Sirignano