AgenPress. «La notizia del decesso di un infermiere, di un uomo prima di tutto, di un nostro collega, ex dipendente dell’Azienda dei Colli, a Napoli, per altro già vaccinato con due dosi di Pfizer, e colpito mortalmente dal virus Covid-19, ci amareggia, e ci lascia nello sconforto.
Come sindacato che ogni giorno lotta fianco a fianco degli operatori sanitari, fatti gravissimi come questo ci chiedono a gran voce di far luce su ciò che accade. Sentir dire che era tutto previsto, liquidare la vicenda come qualcosa di meramente programmato, di tristemente sfortunato, ci fa indignare non poco. Non solo è morto un infermiere, ma è sotto gli occhi di tutti, a 18 mesi dall’inizio dell’emergenza e nonostante la tanto decantata campagna vaccinale, che il rischio di decessi per chi è già stato vaccinato con due dosi, non è certo inesistente.
Ci dicano, subito, i rappresentanti della politica ai vari livelli di responsabilità, coloro che gestiscono nella quotidianità questo sistema sanitario, dal Governo alle Regioni, quale strada intendono adottare per tutelare chi, infermieri, medici e gli altri professionisti sanitari, ogni giorno continuano a rischiare la vita a contatto con i pazienti».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Si apra ufficialmente una inchiesta su questo decesso: si faccia una analisi approfondita della reale efficacia del vaccino rispetto alle varianti e alle conseguenze in caso di re-infezione. In questa pandemia gli infermieri hanno già dato tanto, in termini di vite umane e di contagi. La maggior parte degli operatori sanitari italiani ha accettato di vaccinarsi senza batter ciglio. Consapevoli a pieno delle loro responsabilità nei confronti dei malati. E come la mettiamo se in questo caso l’infermiere deceduto fosse stato uno di quei colleghi obbligati a vaccinarsi ma che non aveva scelto di sottoporsi spontaneamente a questo tipo di immunizzazione? Ci dica ora, il Ministro della Salute, quali parole andrebbero espresse nei confronti della famiglia di quest’uomo e nei confronti dei familiari, dei figli, di tutti coloro che, seppur vaccinati, rischiano a questo punto ogni giorno di re-infettarsi e di rischiare la propria vita.
Il Governo, le Regioni, ovvero i nostri datori di lavoro, sono obbligati a trovare le strade più idonee ed efficaci per tutelare la nostra salute, la salute dei dipendenti del SSN, di coloro che combattono per la vita dei pazienti.
I nostri referenti sindacali ci raccontano che si tratta di un infermiere in pensione, ma questo non rende il fatto meno grave. E non ci piacciono per niente le parole di Giuseppe Fiorentino, primario di Pneumologia del Monaldi che, secondo quanto apprendiamo dai media, lo liquida come un caso “singolare e sfortunato”.
Cosa sarebbe successo se l’infermiere fosse stato ancora in servizio? Quanti colleghi avrebbe contagiato e quanti pazienti avrebbero rischiato?
Non possiamo ignorare tutto questo solo perchè l’uomo non frequentava più la realtà ospedaliera. Come è accaduto a lui, potrà accadere presto anche ad altri colleghi ancora in servizio.
Alla famiglia di Gabriele Napolitano, 63 anni, una vita di sacrifici come infermiere di sala operatoria, va il mio personale cordoglio e quello di tutti gli infermieri del Nursing Up.
Non possiamo, per queste famiglie, per i tanti colleghi deceduti, fermarci qui, accontentarci di sapere che, secondo qualcuno, era in fondo tutto previsto a causa della non totale efficacia dei vaccini. Non possiamo accettare che per qualcuno ci troviamo solo di fronte “ad una triste sfortuna”.
Il nostro Ministro della Salute ci dica, prima possibile: come si intende agire con quegli operatori sanitari già vaccinati nei mesi di gennaio e febbraio, e quindi da più di 6 mesi? Le dosi di vaccino a cui si sono sottoposti, secondo le indicazioni dell’Oms, sono o non sono sufficienti a garantire una idonea copertura? La nostra Federazione, portavoce delle nostre istanze, intervenga per fare chiarezza.
Insomma, se chi è stato vaccinato di recente rischia la vita con un nuovo contagio, cosa bisogna pensare di quei colleghi che hanno ricevuto somministrazioni da più di 6 mesi e che potrebbero già aver visto diminuire il proprio livello di immunità nei confronti del virus?
Decidano e decidano in fretta in merito alla terza dose, perchè gli infermieri esposti nelle realtà degli ospedali italiani non possono certo attendere», conclude De Palma.