Ex Ilva, Palombella (Uilm): “Decreto Governo rischia di essere inutile, non c’è chiarezza sul futuro”

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AgenPress. “Il decreto Aiuti bis rischia di essere inutile e tardivo per l’ex Ilva. Se il miliardo di euro previsto dal Governo non dovesse essere facilmente e immediatamente spendibile, ci sarebbero presto, oltre a gravi problemi di liquidità per l’acquisto delle forniture e delle materie prime, ripercussioni occupazionali, sociali e ambientali drammatiche. Tuttavia ad oggi non c’è ancora molta chiarezza sulle modalità con le quali potranno essere utilizzate queste risorse. Se si trattasse di una ricapitalizzazione i tempi rischiano di essere lunghi perché è davvero difficile immaginare che il socio di minoranza (lo Stato, di fatto) possa aumentare il capitale sociale senza l’accordo con quello di maggioranza (Arcelor Mittal). Senza chiarezza sul futuro, questi soldi rischiamo di essere bruciati così come accaduto con i 400 milioni precedentemente stanziati da Invitalia”. Così Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm, in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno.

“La vicenda dell’ex Ilva – dichiara il leader Uilm – è emblematica rispetto alla mancanza, da almeno 25 anni, di una seria politica industriale nazionale. E di questo ne pagano le conseguenze maggiori i lavoratori diretti, indiretti, in Amministrazione straordinaria e l’intera comunità tarantina. Questo è inaccettabile”.

“Dopo dieci anni dal sequestro dell’area a caldo e dopo 14 decreto cosiddetti Salva Ilva – aggiunge Palombella – è assurdo che ancora non sappiamo realmente quale sia il futuro modello di produzione che si vuole mettere in campo”.

“La decarbonizzazione ad oggi esiste solo a parole – spiega Palombella – la fabbrica può essere decarbonizzata con gli impianti in marcia, ma bisogna iniziare a fare i progetti, anche grazie ai fondi del Pnrr. Ma di tutto questo non ce n’è traccia”.

“Il dibattito sul futuro modello produttivo è spesso inconsistente – continua – perché non non tiene conto della realtà di mercato e impiantistica dello stabilimento. Si può arrivare ad avere due forni elettrici che producono 2,5 milioni di tonnellate all’anno ciascuno e un forno tradizionale per riequilibrare un po’, ma senza rinunciare all’area a caldo. Chi propone la chiusura dell’area a caldo, di fatto, chiede la chiusura dell’intera fabbrica”.

“Le industrie siderurgiche sono energivore – spiega – e quindi mi chiedo come si possa pensare che Acciaierie d’Italia diventi totalmente elettrica visto il periodo storico in cui i costi di energia e gas sono aumentati a dismisura. Sarebbe economicamente sostenibile?”.

“La priorità dell’intervento dello Stato deve avere come obiettivo primario il rientro al lavoro dei 3 mila dipendenti attualmente in Cig, la salvaguardia occupazione dei 1.700 in Ilva As come previsto dall’accordo del 2018, importanti investimenti sulla sicurezza degli impianti e il pagamento delle aziende dell’indotto – conclude – se questo non avverrà rischiamo una bomba ambientale, sociale e occupazionale senza precedenti”.

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