AgenPress – Le giovani ex ospiti delle serate di Arcore, sentite nei 2 processi sul caso Ruby, “non potevano legittimamente rivestire l’ufficio pubblico di testimone”, perché andavano indagate già all’epoca e sentite come testi assististe da avvocati. Non essendoci più le false testimonianze, in sostanza, cade anche la connessa accusa di corruzione in atti giudiziari perché manca “l’ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi”. Lo scrive il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia in una nota in cui anticipa il cuore delle motivazioni della sentenza di assoluzione per tutti nel Ruby ter, che i giudici depositeranno tra 90 giorni.
Sulla base “degli elementi di fatto” che “verranno dettagliatamente illustrati nella motivazione della sentenza, il Tribunale ha accertato – scrive Roia in una lunga nota – che le imputate Amarghioalei, Barizonte, Berardi, Bonasia, Cipriani, De Vivo Concetta, De Vivo Eleonora, El Mahroug, Espinosa, Faggioli, Ferrera Marianna, Ferrera Manuela, Loddo, Garcia Polanco, Guerra, Rigato, Skorkina, Sorcinelli, Toti, Trevaini e Visan non potevano legittimamente rivestire l’ufficio pubblico di testimone nei procedimenti” Ruby e Ruby bis “perché sostanzialmente indagate di reato connesso”. Gli indizi “non equivoci a loro carico risultavano dagli atti dei procedimenti in cui le stesse sono state escusse come testimoni”. Questo accertamento, si legge, “sulla qualità soggettiva in capo alle imputate dei reati contestati incide sulla stessa possibilità di configurare sia la falsa testimonianza che la corruzione in atti giudiziari”. La falsa testimonianza, infatti, chiarisce il Tribunale, “può essere commessa solo da chi legittimamente riveste la qualità di testimone”. Andavano, invece, indagate e sentite con la presenza di avvocati e la possibilità di non rispondere. La corruzione in atti giudiziari, poi, “sussiste solo quando il soggetto corrotto sia un pubblico ufficiale”.
La Cassazione ha chiarito “che il giudice” deve “verificare se il dichiarante che si assume essere stato corrotto sia stato o meno correttamente qualificato come testimone”. E poiché “le persone chiamate a rendere dichiarazioni nei processi” andavano “correttamente qualificate come indagate di reato connesso e non testimoni, non solo non è configurabile il delitto di falsa testimonianza ma neppure il reato di corruzione in atti giudiziari, mancando la qualità di pubblico ufficiale (nella specie: testimone) in capo al ‘corrotto'”. Così l’elemento “costitutivo del delitto corruttivo” non “può sussistere nemmeno nei confronti dell’ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi”. Infatti, la “corruzione in atti giudiziari presuppone necessariamente un accordo tra il pubblico ufficiale corrotto e il corruttore”. Assoluzioni che si trascinano dietro, in sintesi, anche quelle di Giuliante, ex legale di Ruby e per l’accusa presunto intermediario nella corruzione, e di Luca Risso, ex compagno della giovane e che era accusato di riciclaggio. Anche Risso, poi, non poteva essere sentito come teste ‘semplice’.