AgenPress. Nemmeno la più pessimistica immaginazione avrebbe potuto prevedere una campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo priva di idee e di proposte per il futuro del vecchio continente.
La fase della formazione delle liste ha messo “a nudo” un Paese senza politica, senza partiti con una classe dirigente ondivaga, approssimativa e povera di sensibilità culturali.
Molti candidati hanno fatto la loro scelta per pura convenienza. Gli ideali, i valori, la fede, i convincimenti? Nulla di tutto questo, solo collocazioni dettati solo dall’ambizione. La politica è un insieme di ambizioni e ideali.
Se questi ultimi non ci sono la politica è solo presunta: un mondo affollato da leader di varie grandezze e di tanti girovaghi in cerca di collocazione, qualunque essa sia.
In Europa trasferiremo le nostre contraddizioni, i trasformismi senza pudore e la povertà delle visioni.
Le elezioni europee sono state trasformate in una verifica in sede nazionale delle forze.
Gli eletti delle coalizioni, alcune veri e propri cartelli elettorali, aderiranno a gruppi diversi in Parlamento Europeo. Hanno utilizzato solo un veicolo per raggiungere un obiettivo.
E’ il naufragio della credibilità delle istituzioni.
Un inganno ancora quando molti leader si candidano per poi dimettersi una volta eletti: solo prove, dicevamo, di forza a fini interni.
Un provincialismo avvilente difronte la gravissima situazione internazionale. In questi giorni ha rotto il silenzio del conformismo servile la senatrice a vita Liliana Segre, ripresa dal Times di Londra, che ha denunciato i pericoli del disegno della maggioranza di governo sulle riforma che evoca i tratti illiberali del ventennio.
L’autonomia differenziata rompe l’unità del Paese. Sembra che anche le opposizioni stiano trovando, in queste ore, il coraggio per mobilitarsi, per contrastare il disegno “eversivo” così da me sempre definito.
Intanto continua l’iter legislativo senza tentennamenti. Dobbiamo difendere la centralità del Parlamento e le conquiste democratiche.
Non si può assistere impunemente che l’Italia, fra l’altro, in Europa porti un contributo di illiberalità.
Il Capo dello Stato ha la prerogativa costituzionale di inviare messaggi alle Camere per difendere la Costituzione che è patrimonio della nostra storia di sacrifici, di dolori e di umanità.
Quando si prefigura una nuova forma di Stato e di governo con la cancellazione degli equilibri di potere, la Costituzione del 1948 non c’è più e i principi, quando vengono meno gli strumenti contenuti negli articoli successivi, che li fanno vivere, divengono declamazioni. Vogliamo tutto questo? Spero di no?
Mario Tassone