AgenPress. Nella tragedia del conflitto in Sudan, la regione del Darfur è una delle più colpite. In particolare, da mesi nello Stato del Darfur Settentrionale l’assedio delle Rapid Support Forces (Rsf) alla capitale El Fasher ha messo in ginocchio la popolazione della città e del campo profughi di Zamzam, che si trova alla sua periferia.
L’assedio sta bloccando l’arrivo di derrate alimentari, innalzando i prezzi, che sono diventati i più alti di tutto il Paese. La popolazione è allo stremo, in tutta la città e il campo profughi il numero di persone affette da malnutrizione sta aumentando giorno dopo giorno e l’unico rimedio a disposizione è quello di cucinare cibo normalmente destinato alle vacche.
Si chiama ambaz e si tratta dei rimasugli della lavorazione di semi di girasole, arachidi e sesamo. Uno scarto alimentare che per anni è stato utilizzato come integratore per il mangime degli armenti perché ricco di proteine e a basso costo. Ora, diventa l’unico cibo a disposizione della popolazione stremata dal conflitto e dall’assedio.
Come ogni alimento sostitutivo, l’ambaz non è efficace ma addirittura dannoso. Il problema sta nell’assenza di vitamine e altri elementi nutritivi e nella capacità di sviluppare una tossina cancerogena se conservato in maniera sbagliata. Tra i danni che questa scelta obbligata comporta ci sono la malnutrizione, danni al fegato e appunto, in alcuni casi, il cancro. Problematiche aggravate dal fatto che a mangiare l’ambaz sono principalmente bambini.
Come riportato dalla testata Dabanga, sono principalmente le vedove con figli a far fronte all’assenza di cibo con questo tipo di rimedio, bollendolo come se fosse una zuppa d’avena. Essendo l’unico alimento per tutti i pasti in alcuni casi, tutti i bambini che se ne cibano ne soffrono le conseguenze.
Secondo fonti del governo del Nord Darfur, di cui Al Fasher è la capitale, la causa della crisi umanitaria è da attribuire a intermediari e commercianti che stanno bloccando di proposito i rifornimenti alimentari per far alzare i prezzi. Il governatore ha annunciato la creazione di una commissione ad hoc per il controllo nei mercati e per scoprire chi è coinvolto in questo meccanismo. Lo stesso governatore ha cercato di imporre il rilascio delle scorte alimentari bloccate, minacciando la confisca e la consegna alla popolazione in modo gratuito.
Allo stesso tempo, il governatore dello Stato ha fatto un appello alle organizzazioni umanitarie perché intervengano nella regione, dove i prezzi delle poche provviste disponibili sono diventati estremamente alti. Il World Food Program ha cessato la consegna di generi alimentari lo scorso febbraio a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza. Nei mesi precedenti, oltre alla consegna diretta di beni alimentari c’era stata quella di voucher alimentari per le famiglie, ma nell’ultimo mese di attività ne erano stati consegnati solo 60mila.
La città di Al Fasher è assediata dalle Rsf da più di un anno, ed è l’ultima città dello stato ancora in mano alle forze governative. La carestia nel campo profughi di Zamzam è stata dichiarata lo scorso agosto. A Zamzam dal 2004 vivono 500mila persone, e non è l’unico campo profughi sorto attorno alla capitale del Nord Darfur. L’altro è quello di Abu Shouk, dove vivono altre 450mila. Entrambi sono stati presi di mira dalle Rsf con delle incursioni. L’ultima, avvenuta ad Abu Shouk meno di una settimana fa, ha provocato la morte di quaranta persone.
Tra l’11 e il 14 aprile scorso invece era toccato a Zamzam. Inizialmente si pensava che i morti di quella azione fossero circa quattrocento. Un recente indagine portata avanti da quotidiano inglese The Guardian ha rivisto la cifra: le nuove stime parlerebbero di almeno mille e cinquecento morti.
di Cosimo Graziani (Agenzia Fides)