Ceccarelli (COINA): “Il caos dei gettonisti è la spia rossa di un sistema che sta cedendo di schianto”

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AgenPress. “Il caos dei gettonisti è la spia rossa di un sistema che sta cedendo di schianto. Senza investire nei professionisti del pubblico, la sicurezza delle cure crollerà come un castello di sabbia al primo soffio di vento. E’ davvero questa la sanità che vogliamo?”

Questo caso è la punta dell’iceberg! Quanti altre situazioni di questo genere si sono verificate o si stanno verificando in Italia e non ne siamo a conoscenza?

ROMA 11 DIC – «Quello che è accaduto a Milano, nel reparto di cure intensive del San Raffaele, non è un incidente isolato: è l’ennesima conferma che il Servizio sanitario nazionale sta scivolando verso un modello improvvisato, dove reparti ad alta intensità vengono affidati a personale esterno non formato, con rischi gravissimi per i pazienti».
Così Marco Ceccarelli, Segretario nazionale COINA (Sindacato delle Professioni Sanitarie), commenta le ore di caos registrate nell’ospedale milanese dove, tra il 6 e il 7 dicembre scorso, una cooperativa di infermieri — al primo giorno di servizio — avrebbe commesso una serie di errori tali da costringere la direzione sanitaria a bloccare nuovi accessi, attivare un’unità di crisi e trasferire i ricoverati.

«Qui non parliamo soltanto di una gestione sbagliata. Parliamo di un modello che mette a repentaglio la sicurezza delle cure: operatori che non conoscono i protocolli, dosaggi sbagliati, terapie non registrate, addirittura presunte difficoltà linguistiche che se fossero confermate dimostrerebbero la gravità della situazione e la fondatezza delle nostre denunce sui rischi di gettare nella mischia professionisti stranieri, senza contare l’assenza di un affiancamento. È l’esatto opposto della continuità assistenziale che un sistema civile deve garantire, con il rischio di un effetto domino in altre regioni che definire un pericolo è un eufemismo».

“2,1 miliardi per i gettonisti e 70mila infermieri mancanti: questi numeri sono la fotografia di un crollo”

Ceccarelli richiama poi i dati ufficiali dell’ANAC: «Dal 2019 al 2024, non possiamo dimenticarlo, le Regioni hanno speso 2 miliardi e 141 milioni di euro per personale a gettone. Nel solo 2023 si erano già superati 1,8 miliardi, e per il 2024 è previsto un ulteriore incremento di 314 milioni, cui si aggiungono 457,5 milioni stanziati dalle aziende sanitarie. Una cifra enorme che grida una verità semplice: il pubblico non è in crisi perché mancano le risorse, ma perché le risorse vengono allocate male».

Il paradosso, osserva il Segretario COINA, è diventato sistema:
«In Italia mancano almeno 70mila infermieri. E mentre i dipendenti del SSN sono pagati 1.500 euro al mese, gli stessi professionisti — dimettendosi — rientrano come gettonisti nelle stesse aziende con compensi doppi, in passato persino quadrupli. È un cortocircuito economico e organizzativo che incentiva l’abbandono del pubblico e svuota i reparti».

“Precarizzare i professionisti significa precarizzare la sicurezza dei cittadini”

La spirale è evidente:
• Oltre 20mila dimissioni nei primi nove mesi del 2024.
• 6mila infermieri l’anno che lasciano l’Italia.
• Un crollo dell’11% delle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica.

«Chi oggi dovrebbe scegliere questa professione? In Europa siamo terz’ultimi per retribuzioni, e in città come Milano 1.500 euro significano povertà. Senza un’inversione di rotta, fra due anni non chiuderemo reparti per mancanza di pazienti, ma per mancanza di personale qualificato».

Ceccarelli entra poi nel merito dei progetti di figure sostitutive:
«La proposta dell'”assistente infermiere”, priva di qualifica professionale sanitaria, è un’illusione pericolosa. Non colma i vuoti, ma apre varchi che compromettono ulteriormente la qualità dell’assistenza».

“Serve un contratto vero e dedicato ai professionisti sanitari dell’area non medica”

Il COINA rilancia la propria linea:

  1. Stabilizzazioni immediate e stop alla dipendenza strutturale da appalti e gettonisti.
  2. Percorsi di carriera chiari e verticali per le professioni sanitarie dell’area non medica.
  3. Retribuzioni dignitose e competitive, allineate agli standard europei.
  4. Un contratto finalmente dedicato a infermieri e professionisti sanitari, che riconosca complessità clinica, responsabilità e autonomia.
  5. Standard nazionali di sicurezza per impedire che reparti critici vengano affidati a personale non formato.
  6. Pianificazione del fabbisogno reale, non soluzioni tampone.

Stop all’assistente infermiere e revisione del reclutamento dall’estero

«Bloccare l’accordo Governo-Regioni sull’assistente infermiere è oggi un dovere: parliamo di una figura ibrida e surrogata, che rischia di sostituire personale qualificato in reparti complessi, abbassando la sicurezza delle cure», afferma Ceccarelli.

«Allo stesso modo va rivista la strategia sul reclutamento dall’estero: l’accordo con l’India e la deroga al riconoscimento dei titoli fino al 2027, nata in emergenza Covid, stanno diventando strumenti sistemici che aggirano standard e formazione. Un gettonista non preparato, un assistente infermiere o un collega straniero senza adeguata lingua e conoscenza del sistema pesano su chi già è allo stremo e si ritrova a dover supervisionare invece di assistere».

Investire sui professionisti, non sulle scorciatoie

«La verità è semplice: la qualità si paga. E l’unico modo per garantire sicurezza ai cittadini è assumere e valorizzare gli infermieri del Servizio sanitario nazionale, riconoscendo economicamente il loro ruolo e costruendo percorsi di carriera reali», dichiara Ceccarelli.

«Senza professionisti stabili, formati e pagati dignitosamente, ogni modello alternativo è destinato al fallimento. Le scorciatoie costano di più, in termini economici e soprattutto di rischio clinico. Investire nei professionisti del pubblico è l’unica strada per salvare il sistema».

Riflessioni doverose

«La sicurezza delle cure non è negoziabile. O si investe sui professionisti del pubblico — in modo stabile, strutturale, con un contratto adeguato — oppure continueremo a moltiplicare emergenze come quella del San Raffaele. È tempo di chiudere le falle della nave, non di aprirne di nuove», conclude Ceccarelli.

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