Nuova indagine Amsi–Umem–Uniti per Unire–Aisc News
Aodi, Federici, Mazza e Belaitouche (DonneUnite): “I numeri parlano chiaro: la violenza aumenta dove diminuiscono servizi, tutele, integrazione, prevenzione culturale e carenza dei professionisti della sanità”
AgenPress. In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, che ricorre oggi 25 novembre, AMSI, Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, al fianco del movimento Uniti per Unire, di UMEM (Unione Medica Euromediterranea), con il supporto della rete informativa internazionale AISC_NEWS (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini), con la collaborazione speciale dei dipartimenti DONNEUNITE di Uniti per Unire e della CO-mai, la Comunità del Mondo Arabo in Italia, e delle nostre associazioni e comunità di origine straniera e della diaspora, hanno condotto una accurata indagine, su un campione integrato di professioniste sanitarie, donne italiane e donne immigrate presenti nel territorio nazionale, evidenziando un quadro approfondito articolato in quattro prospettive: donne italiane, donne immigrate, donne nella sanità e professioniste immigrate in ambito sanitario.
A nome delle associazioni e dei movimenti, interviene il Presidente Prof. Foad Aodi, medico fisiatra, giornalista internazionale, divulgatore scientifico ed esperto in salute globale, Direttore dell’AISC_NEWS, membro del Registro Esperti FNOMCeO, docente dell’Università di Tor Vergata, membro della FNSI e dell’Associazione Stampa Romana. Membro del consiglio direttivo AISI e UAP.
DONNE ITALIANE NELLA SOCIETÀ: IL 34% HA SUBITO ALMENO UNA FORMA DI VIOLENZA FISICA O VERBALE
Secondo i dati dell’indagine:
- 34% delle donne italiane riferisce almeno un episodio di violenza fisica, psicologica, verbale o economica.
- 18% dichiara di aver subito violenza all’interno della coppia.
- 22% non ha mai denunciato né chiesto aiuto, principalmente per timore delle conseguenze o sfiducia nelle istituzioni.
- 31% non conosce i servizi sanitari e territoriali disponibili nella propria area.
Le associazioni commentano in modo perentorio:
“In Italia quasi una donna su tre vive esperienze di violenza, ma manca ancora un sistema di prevenzione stabile. Non servono nuove giornate simboliche, servono servizi reali e continuativi.”
DONNE IMMIGRATE NELLA SOCIETÀ: RISCHIO DI VIOLENZA QUASI DOPPIO, AL 57%
La vulnerabilità delle donne straniere emerge con chiarezza:
- 57% dichiara episodi di violenza, discriminazioni o pressioni familiari e lavorative.
- 44% ha subito violenza psicologica o intimidazioni verbali.
- 29% ha vissuto forme di ricatto economico o abitativo.
- Solo 14% ha avuto accesso a un consultorio o centro antiviolenza.
- 63% riferisce barriere linguistiche e difficoltà nell’orientarsi nei servizi.
Aodi sottolinea:
“La donna immigrata è la più esposta e la meno protetta. Manca integrazione, mancano mediatori, mancano percorsi in più lingue. Le istituzioni devono capirlo: la prevenzione passa anche dalla comunicazione accessibile.”
DONNE NELLA SANITÀ: IL 41% RIFERISCE AGGRESSIONI SUL LAVORO
L’analisi interna sulle professioniste sanitarie mette in luce un fenomeno in crescita:
- 41% delle donne che lavorano in sanità riferisce aggressioni verbali o fisiche negli ultimi due anni.
- 26% segnala episodi di violenza verbale da parte di utenti o familiari.
- 12% riferisce aggressioni fisiche.
- 33% riporta episodi di svalutazione professionale o molestie verbali sul posto di lavoro.
- Solo 19% afferma che la propria struttura ha adottato protocolli efficaci di tutela del personale.
Amsi: “Le donne nella sanità subiscono una pressione enorme. Chi cura non può diventare un bersaglio. Serve protezione reale, protocolli uniformi, task force e formazione obbligatoria.”
PROFESSIONISTE IMMIGRATE DI ORIGINE STRANIERA IMPIEGATE NELLA SANITÀ: RISORSA FONDAMENTALE, MA IL 52% VIVE DISCRIMINAZIONI O ABUSI SOMMERSI
Il contributo delle lavoratrici straniere è cruciale, ma fortemente segnato da criticità:
- 52% delle professioniste immigrate in sanità riferisce episodi di discriminazione, sovraccarico, isolamento o abusi non denunciati.
- 38% vive turni più gravosi rispetto alle colleghe italiane.
- 24% ha subito molestie verbali o pressioni indebite nell’ambiente di lavoro.
- 47% ha paura di denunciare per timore di ripercussioni sul lavoro o sul permesso di soggiorno.
Inoltre le associazioni affermano: “Le donne immigrate nella sanità portano sulle spalle una parte enorme del sistema, ma spesso pagano un prezzo invisibile. Proteggerle significa proteggere l’intero Servizio sanitario nazionale.”
ANALISI COMPLESSIVA: UNA FOTOGRAFIA CHE UNISCE QUATTRO VULNERABILITÀ
“Nella lettura unitaria dei quattro prospetti emerge un quadro strutturale che – secondo noi di AMSI, UMEM, Uniti per Unire ,CO-MAI e AISC_NEWS – coinvolge tanto la società italiana quanto il sistema sanitario. Siamo di fronte, in modo inequivocabile, ad una mappa della violenza che cambia contorni a seconda del contesto, ma che mantiene la stessa radice: solitudine, mancanza di servizi, scarsa prevenzione e assenza di integrazione reale”, sottolineano le associazioni nella loro analisi.
“Le donne italiane in generale incontrano ostacoli culturali e istituzionali; le donne immigrate vivono fragilità aggiuntive legate alla lingua e ai permessi; le professioniste sanitarie affrontano un ambiente lavorativo sempre più aggressivo; le lavoratrici straniere nella sanità portano un peso doppio, sommando responsabilità professionali e vulnerabilità sociali”.
Aodi evidenzia “come la violenza non sia “una somma di episodi, ma un ecosistema che cresce dove diminuiscono formazione, vicinanza territoriale e accesso ai diritti. “Quattro prospettive diverse raccontano la stessa storia: quando una donna è lasciata sola, la violenza trova spazio. Dove invece esiste una rete solida, la violenza arretra”.
L’IMPEGNO DEI DIPARTIMENTI DONNE DI UNITI PER UNIRE E DEL SETTORE DONNE DELLA CO-MAI
Un ruolo determinante nella costruzione dell’indagine e nella lettura dei risultati è stato svolto dai Dipartimenti #DonneUnite di Uniti per Unire e dal settore Donne della Co-mai, da anni attivi nella tutela dei diritti femminili e nel sostegno alle comunità più vulnerabili. Il loro contributo ha permesso di intercettare testimonianze e bisogni spesso invisibili, soprattutto tra le donne straniere e tra chi vive condizioni sociali o familiari complesse.
Secondo il coordinamento dei Dipartimenti, la violenza non è solo un fatto privato, ma un fenomeno che attraversa culture, religioni, professioni e generazioni. Proprio per questo, il loro lavoro punta a un modello integrato di prevenzione che unisca empowerment, educazione, dialogo interculturale e interventi concreti nei territori.
Il Prof. Aodi sottolinea con forza la centralità di questo impegno:
“I Dipartimenti Donne di Uniti per Unire e la rete femminile della Co-mai rappresentano la nostra prima linea culturale contro la violenza. Ascoltano, accompagnano, traducono bisogni, costruiscono ponti. Senza il loro lavoro silenzioso e quotidiano, molte donne resterebbero fuori dai radar dei servizi. Sono un presidio sociale indispensabile”.
DONNE UNITE: LE VOCI DEL MOVIMENTO PER LA GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
A nome delle associazioni, interviene il professor Foad Aodi insieme alle vicepresidente del Movimento Uniti per Unire, la prof.ssa Laura Mazza e l’avvocata Federica Federici, e alla coordinatrice del Dipartimento Donne Co-mai, Leila Belaitouche, tutte impegnate da anni nella difesa dei diritti delle donne e nella lotta contro ogni forma di violenza. In alcuni passaggi del comunicato – ribadisce Aodi – verrà valorizzata alternativamente la voce personale del Presidente e quella delle rappresentanti di #DonneUnite, per dare piena visibilità al Dipartimento e alle donne italiane e di origine straniera che ne fanno parte.
LA PROF.SSA LAURA MAZZA E L’AVV. FEDERICA FEDERICI, vicepresidenti del Movimento Uniti per Unire e coordinatrici del Dipartimento #DonneUnite, rappresentano una rete di donne italiane e di origine straniera provenienti da tutti i continenti del Movimento.
Accanto a loro c’è anche il costante impegno di LEILA BELAITOUCHE, coordinatrice del Dipartimento Donne_Co-mai.
Il loro intervento continuerà nelle prossime settimane con campagne di sensibilizzazione, sportelli dedicati e nuovi progetti di formazione nelle comunità italiane e straniere, confermando la visione di una rete che agisce “dalle radici”, dove la vulnerabilità nasce e dove può essere realmente trasformata in protezione.
UNA RICHIESTA CHIARA ALLE ISTITUZIONI
Le associazioni e i movimenti propongono:
- potenziamento dei servizi multilingue e della mediazione culturale;
- protocolli nazionali uniformi per la sicurezza delle donne nei luoghi di cura;
- percorsi facilitati per l’emersione del disagio e della violenza;
- campagne permanenti di prevenzione, rivolte anche alle comunità immigrate;
- corsi di formazione obbligatoria per operatori sanitari e socio-sanitari.
I nostri esponenti non lasciano spazio a dubbi: “Non basta accendere un monumento il 25 novembre. Ogni donna deve trovare protezione nelle istituzioni tutti i giorni dell’anno.”
