Agenpress – Carenza di liquidità e calo dei consumi hanno rappresentato il principale ostacolo all’attività di impresa durante l’emergenza sanitaria mettendo in difficoltà il 60% delle imprese del commercio e della ristorazione; quasi il 30%, invece, tra burocrazia e le necessarie procedure di sanificazione, igienizzazione e altri protocolli di sicurezza, ha visto incrementare i costi; ma c’è anche un 11% di imprese che indica nella criminalità un ulteriore, pericoloso ostacolo allo svolgimento della propria attività; in particolare, circa il 10% degli imprenditori, in questo periodo, risulta esposto all’usura o a tentativi di appropriazione ‘anomala’ dell’azienda, ma la percentuale cresce fino a quasi il 20% per quegli imprenditori che sono molto preoccupati per il verificarsi di questi fenomeni nel proprio quartiere o nella zona della propria attività; i due terzi delle imprese giudicano comunque efficaci le azioni di contrasto delle forze dell’ordine e della magistratura e ritengono fondamentale ricorrere alla denuncia, ma ancora oggi quasi 1 impresa su 3, di fronte a questi fenomeni criminali, non sa cosa fare.
Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’indagine sull’infiltrazione della criminalità organizzata nelle imprese del commercio e della ristorazione durante e dopo il lockdown realizzata da Confcommercio in collaborazione con Format research.
I principali risultati dell’indagine
Gli aspetti problematici dell’attuale frangente sono ben presenti agli imprenditori. Le questioni strettamente economiche sono le più importanti per l’equilibrio aziendale e quindi per la vitalità dell’attività produttiva: liquidità e calo di domanda.
Il 30% delle risposte punta, invece, al tema dei costi: la solita burocrazia e le pure necessarie procedure di sanificazione, distanziamento, igienizzazione e altri protocolli di sicurezza che comunque costituiscono un incremento dei costi fissi dell’imprenditore.
Completa il quadro degli ostacoli auto-percepiti il tema della criminalità. Che aggreghi l’11% delle risposte è, da una parte, garanzia di affidabilità dei risultati nel senso che le domande sono state ben comprese e che la paura è controllata sul piano macro-settoriale; dall’altra, è piuttosto grave vedere comparire la criminalità tra gli ostacoli all’attività d’impresa
Le domande in relazione all’usura e ai tentativi subdoli di appropriazione dell’azienda da parte di soggetti criminali sono state poste con riferimento all’eventuale conoscenza dei fenomeni sperimentati da altri, distinguendo i diversi canali attraverso cui la notizia è pervenuta.
Naturalmente è la conoscenza personale – “mi è stato raccontato, ne ho sentito parlare” – quella che conta. È un risultato notevole che questa forma di conoscenza sia più diffusa rispetto all’acquisizione della notizia attraverso i mezzi di comunicazione. Anzi, questi ultimi sembrano trattare l’argomento meno di quanto dovrebbero se la stima del 9,8% di soggetti che ne ha conoscenza diretta è verosimile. A nostro avviso lo è, visto che se ne ha riscontro nell’analoga frazione di risposte sulla criminalità come problema nella gestione attuale delle imprese.
Pertanto, il 9,8% può essere acquisito non come stima del tasso di vittimizzazione, ma come indice della potenziale gravità del fenomeno nel senso dell’esposizione all’usura delle micro e piccole imprese del terziario di mercato in questo frangente storico.
A fronte di una media del 9,8% sul totale campione, il 13,1% dei ristoratori e dei proprietari di bar dichiara di avere sentito personalmente notizie di pressioni usuraie su imprese del proprio settore e della propria zona. Anche quest’evidenza è coerente con le attese a priori: più fragile è l’impresa, più elevata è la pressione. E i settori del food away from home sono certamente quelli che più hanno sofferto e più stanno soffrendo perdite di fatturato e di reddito, diventando così più esposti alle pressioni della criminalità.
Una percentuale analoga (8,8%;) a quella registrata per l’usura si rileva rispetto alla notizia acquisita attraverso canali personali per quanto riguarda le imprese che hanno subito dei tentativi di essere acquisite per un prezzo fuori mercato, ossia molto inferiore o molto superiore a quello reale, sempre nella medesima zona dove operano con la propria attività. La notizia di accadimenti del genere è stata appresa in prevalenza, anche in questo caso, attraverso il passaparola tra imprenditori.
Non deve stupire la formulazione della domanda nei termini di “prezzi fuori mercato”. Prezzi troppo bassi o troppo elevati indicano un’anomalia nel libero gioco delle forze imprenditoriali; prezzi troppo elevati, per esempio, tradiscono sovente l’intento acquisitivo di attività reali finalizzato al riciclaggio, un tema, purtroppo, non nuovo nel panorama italiano.
Come nel caso dell’usura, gli imprenditori impegnati nella ristorazione o nella gestione di un bar mostrano un’accentuazione significativa nell’autodichiarazione di conoscenza di notizie di tentativi criminali attraverso canali personali: rispetto alla media del campione dell’8,8%, la conoscenza in questo settore raggiunge il 14,5%. La fragilità dell’impresa ne accresce l’esposizione ad acquisizioni da parte di soggetti criminali.
Sintetizzando le risposte sui due fenomeni, il risultato robusto che si ottiene è che una frazione prossima al 10% degli imprenditori appare esposta a pressioni della criminalità, almeno per quanto riguarda i due specifici temi dell’acquisizione anomala dell’attività e del prestito a usura.
Ma, al di là delle modalità con cui gli imprenditori ne sono venuti a conoscenza, circa il 60% degli imprenditori esprime preoccupazione per questi fenomeni, soprattutto in un momento di gravissima crisi economica come quello attuale. E di questi, quasi 1 su 5 è molto preoccupato per il verificarsi di questi atti criminali nel proprio quartiere o nella zona dove svolge la propria attività.
Il 67,4% delle imprese intervistate ritiene, comunque, “molto” o “abbastanza” efficace l’azione delle Forze dell’ordine e della Magistratura, per contrastare l’azione della criminalità contro le imprese e il 66% del campione ritiene “molto” o “abbastanza” efficaci le diverse forme di collaborazione in atto tra Autorità centrali e locali, Forze dell’Ordine e Magistratura da una parte e Associazioni di categoria degli imprenditori e altre forze della società civile dall’altra per contrastare l’azione della criminalità ai danni delle imprese.
Il 60% circa degli intervistati ritiene che l’imprenditore che si trova alle prese con i fenomeni criminali dell’usura e del tentativo della malavita di impadronirsi delle imprese deve denunciare subito alle Forze dell’Ordine o comunque alla Magistratura il reato del quale è rimasto vittima. Il 33% delle risposte indica un’assenza di strategie rispetto alle pressioni criminali (“non saprei cosa fare”) e solo un’esigua minoranza appare completamente sfiduciata (“non si dovrebbe fare niente poiché è inutile”).