AgenPress. Il professor Alberto Ventura, ordinario di Storia dei Paesi islamici presso l’Università della Calabria, ha tenuto una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Il docente ha esordito affermando che nella descrizione degli Islam esista molta approssimazione, intessuta di luoghi comuni che non corrispondono alla realtà e con un’informazione che tende a fornire elementi riduttivi e fuorvianti. Il docente ha quindi sottolineato come sia importante l’analisi dei termini che si usano. Partendo dalla domanda se il sostantivo radicalismo sia sufficiente per comprendere un fenomeno così complesso come quello del fondamentalismo islamico ha tracciato una disamina delle parole a cui si è ricorsi per descriverlo.
“Durante la rivoluzione in Iran nel 1978, in cui la religione e la politica si fondevano – ha ricordato – si è utilizzata la parola “integralismo” che era già ampiamente diffusa nel nostro linguaggio con riferimento a quella parte del mondo cattolico che cercava di porre un argine alla secolarizzazione, riportando la religione nella sfera pubblica. Tale definizione però non durò molto, in quanto ritenuta troppo ambigua. Successivamente ci si è valsi del concetto di “fondamentalismo”, termine anch’esso controverso poichè non aveva una chiara e univoca relazione col mondo islamico, poiché si riferiva sostanzialmente alla versione protestante americana del cristianesimo dell’Ottocento quando si sviluppò la “Fundamentalist Church”.
Tuttavia, rispetto al termine integralismo, la parola fondamentalismo ha permesso di ampliare lo spettro dell’indagine e i sociologi negli anni Novanta e nei Duemila hanno rilevato come “le pulsioni fondamentaliste si avvertissero in tutte le religioni monoteiste e in differenti culture”. Pertanto, ha proseguito Ventura “si è compreso come il fondamentalismo non fosse una caratteristica esclusiva del mondo islamico. Esaminando quali fossero i tratti che permettessero di identificare un’ideologia come fondamentalista, gli studiosi hanno rintracciato nella “invarianza del testo” uno degli elementi. Si tratta di un atteggiamento che prende spunto da un autorevole testo sacro le cui indicazioni letterali non mutano mai”. Tali indicazioni letterali vengono considerate nella prospettiva della “invarianza del testo” e quindi non soggette agli adattamenti temporali”. “Adesso – ha spiegato Ventura – la comunità scientifica, basandosi sul libro di Bruno Étienne “L’islamisme radical”, parla di “radicalismo”, inteso come il ritorno alle radici. Il senso della definizione si riferiva a un certo atteggiamento più comune nella politica americana che definiva come radical ogni idea un po’ estrema”.
In seguito, il docente è tornato sull’importanza dei termini, distinguendo l’Islam dall’islamismo. Il primo indica la religione islamica nel suo complesso, religioso e culturale con un millennio e mezzo di storia. Il secondo, ponendo enfasi sull’aspetto ideologico, indica la deriva radicale, politica e ideologica dal Novecento fino ad oggi. Per poter comprendere il fenomeno del fondamentalismo e ipotizzare i possibili esiti futuri è necessario interrogarsi su come nasce e analizzare le principali tappe di un processo di lunga durata. Alberto Ventura ha così illustrato che nella metà del Settecento Wahab, dopo essersi recato per ragioni di studio ad Istanbul e avendo constatato una decadenza del mondo islamico, elaborò un pensiero protofondamentalista che lo portò ad essere cacciato da suo padre dalla tribù di appartenenza. Nel suo peregrinare Wahab incontrò un capo politico, Al Saud, con cui stipulò nel 1744 un accordo. Iniziò in tal modo il lento processo di formazione dell’attuale Arabia Saudita con alterne vicende. Negli anni Venti del Novecento avvenne la conquista dall’alto valore simbolico delle città sante di La Mecca e Medina e nel 1932 vennero unificati i due regni dell’Arabia Saudita.
Il connubio tra wahabismo e sauditismo rappresentano il dritto e il rovescio della stessa medaglia, perchè il potere ha bisogno dell’ideologia per la sua legittimazione, così come l’ideologia ha bisogno del potere per imporsi. Per Ventura “con il patto di ferro con gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita si è legittimata politicamente. Successivamente si e mossa sul piano culturale non solo essendo il custode dei luoghi che attirano oltre 2 milioni di pellegrini all’anno, ma anche istituendo l’Università Islamica a Medina e creando centri islamici all’estero. Il docente ha quindi ripercorso la storia dei “Fratelli musulmani”, che nascono in Egitto nel 1928 con un richiamo alla morale per poi rivendicare ambizioni politiche, venendo perseguitati dal governo.
I “Fratelli musulmani” uccisero il presidente Anwar Sadat nel 1981 con la prospettiva che le folle si sarebbe mobilitate, ma ciò non avvenne. Il docente ha quindi ripercorso le teorizzazioni delle organizzazioni che sono succedute ai Fratelli musulmani, Al Qaeda e ISIS, che hanno sviluppato le teorie del “nemico vicino” e del “nemico lontano”. Il primo è incarnato dagli stessi stati islamici che vengono ritenuti distanti dall’’insegnamento del Corabi, mentre il secondo viene identificati nell’Occidente, soprattutto negli Stati Uniti. Ventura ha quindi descritto la parte finanziaria, citando Loretta Napoleoni che l’ha esaminata in profondità, sottolineando come l’ISIS sia un’organizzazione complessa e articolata con vaste mobilitazioni di risorse, evidenziando nel contempo che l’esecuzione di alcuni attentati in Europa, che hanno avuto un’eco mondiale, ha richiesto investimento economici di alcune migliaia di euro, come l’assalto al Bataclan a Parigi nel 2010.
Come strumenti per la prevenzione, lo studioso ha evidenziato l’importanza che ricoprono l’attività culturale da promuovere anche attraverso le scuole e la “cultural intelligence”, quella ad esempio condotta dal generale italiano Franco Angioni in Libano negli anni Ottanta. Ventura si è quindi soffermato sulla situazione italiana che si differenzia dagli altri Paesi europei in quanto l’immigrazione islamica è relativamente recente. “All’inizio- ha rammentato – le piccole comunità non erano motivo di allarme, poichè non erano strutturate e non c’era la diffusione dell’ideologia radicale. Vi è stata poi la fase delle moschee che cominciano ad essere infiltrate dai fondamentalisti; fase adesso superata in quanto la propaganda si è spostata su internet”.
Menzionando poi le ricerche delle Università di Lille e di Metz dove avviene uno studio sui profili biografici degli attentatori per comprendere quando è avvenuta la radicalizzazione, il docente ha delineato alcuni tratti in comune dei profili. Tutti provengono da esperienze di irreligiosità, presentano fallimenti scolastici, provengono da trascorsi criminali che li hanno portati ai margini della società. Pertanto, l’islam viene vista come elemento di giustizia e di equità da contrapporre alle ingiustizie del mondo occodentale che li ospita. Va notato che i processi di radicalizzazione spesso sono rapidi, rendendo difficile il monitoraggio”. Per individuare se una persona possa essere radicalizzata o meno Ventura ha suggerito di verificare l’appartenenza a confraternite religiose, in quanto la rigorosa osservanza dei precetti religiosi impedisce ogni forma di radicalismo.
“Infatti – ha spiegato – in molti casi è stata riscontrata da parte dei soggetti radicalizzati una non conoscenza dei precetti religiosi. Un altro parametro da investigare è fornito dalla convinzione personale del soggetto sulla prevalenza dei precetti della fede o delle opere. Infatti, l’Islam maggioritario sostiene il primato della fede sulle opere”. Infine, Ventura ha delineato la distinzione che viene effettuata all’interno del mondo islamico tra “Paesi di guerra” e “Paesi di tregua”. I primi vengono combattuti, i secondi invece sono considerati come base di collaborazione, ad esempio per la vicinanza geografica. L’Italia è quindi in questo momento un “Paese di tregua”.
Elia Fiorenza