La rivalutazione di Scilipoti

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AgenPress. Mai come in questo periodo, la parola “responsabile” è risuonata nei dibattiti e nella nostra politica. Chiunque, anche l’ultimo arrivato, si riempie la bocca di responsabilità, pronto a saltare da un carro all’ altro senza pagar dazio.

Appunto con il pretesto dell’essere responsabile. Prendiamo il caso del pentastellato Di Maio che armi e bagagli ha traslocato alla corte di Draghi e ha detto saluti e baci alla sua casa di appartenenza.

Folgorato sulla via di Damasco della responsabilità? No, spinto da quella logica egoistica che ormai imperversa, ovvero della politica sottomessa alla finanza. La logica dell’uomo forte, gradito ai mercati che bypassano le scelte sacrosante degli elettori. Eppure nel suo passato Di Maio si era detto contro l’euro, aveva ammiccato ai gillet gialli, aveva plaudito alla logica dell’uno vale uno, tutto rimangiato.

Questa è una tentazione ricorrente nello scenario politico italiano. Quando la politica arranca ed è debole, ecco spuntare dal nulla il genio della finanza, la persona gradita ai mercati e ai circoli che contano. Sono anni che l’ Italia non ha un esecutivo eletto dal popolo e l’ ultimo di fatto porta la guida di Berlusconi.

Tanti hanno paura delle votazioni, ma dimenticano che esse sono un esercizio della libera volontà del popolo e della stessa politica. Con la mente e la storia andiamo al 2010 quando il governo Berlusconi, legittimamente voluto dal popolo, stava per essere sfiduciato. In quella occasione un manipolo di parlamentari capì saggiamente quello che stava accadendo, che l’Italia sarebbe stata consegnata mani e piedi alla tecnocrazia finanziaria, leggasi Profumo, e salvò l’ esecutivo.

Tra questi parlamentari vi era Scilipoti. Per anni il suo nome è stato legato al più bieco trasformismo, persino sospettato di compravendite (ma sempre assolto nei tribunali della Repubblica).

La sua famiglia venne minacciata con indecenti ritorsioni scolastiche persino sui figli. Oggi, piaccia o non piaccia, il modello Scilipoti è rivalutato e tanti lo riconoscono. Si è compreso che un parlamentare deve dare conto prima di tutto alla sua coscienza in quanto esercita la sua missione senza vincoli di mandato.

Davanti alle tante giravolte della politica italiana attuale, la scelta di Razzi e principalmente di Scilipoti del 2010 sono al contrario esempio di coerenza e soprattutto di schiena dritta. Senza quelle prese di posizione l’ Italia sarebbe finita governata da un esecutivo di banchieri.

Naturalmente la storia si è ripetuta nel 2011 con il governo Monti. Ecco perchè, a dodici anni di distanza, con una pioggia di transfughi che cambiano casacca ad ogni stormir di fronda per motivi di bassa cucina, il cosiddetto modello Scilipoti, che ha fondato Unione Cristiana, torna di attualità.

Il messinese, per tanto tempo messo al ludibrio, è stato ampiamente rivalutato come esempio di colui che ha compreso ante litteram che la politica è quella che deve guidare il Paese e che non deve farsi dettare l’agenda dalla finanza come tanti vorrebbero. Per questo motivo e per la capillarità di Unione Cristiana (piuttosto che pena l’assenza dei valori cristiani in questa campagna elettorale), Scilipoti potrebbe essere una ricchezza ed un qui pluris in queste elezioni nel recinto del centro destra.

Bruno Volpe (Quotidiano di Bari)

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