AgenPress. Sono circa 1 milione, in Italia, le persone malate di demenza, di cui la maggior parte affette da Alzheimer. Questa malattia, complessa e multifattoriale (che di solito si sviluppa dopo i 65 anni) ha una forte componente genetica. Si ritiene che la maggior parte dei casi sia causata dall’interazione di diversi fattori di predisposizione genetica con fattori ambientali.
Sebbene la comprensione della malattia continui a migliorare, al momento non esiste una cura. I farmaci disponibili mirano principalmente a rallentare il declino cognitivo e ridurre alcuni disturbi comportamentali. Per comprendere meglio le origini della malattia, una delle principali sfide della Ricerca è quella di caratterizzare meglio i suoi fattori di rischio identificando i processi fisiopatologici in gioco e, quindi, proporre nuovi bersagli terapeutici.
Due docenti di Neurologia dell’Università di Firenze, il Prof. Sandro Sorbi e la Prof.ssa Benedetta Nacmias (rispettivamente Past President e Vice Presidente di Airalzh – Associazione Italiana Ricerca Alzheimer) sono stati convolti nello studio del genoma relativo al più grande gruppo di malati di Alzheimer analizzato finora. La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista Nature Genetics, ha individuato 75 regioni del genoma associate alla patologia, 42 delle quali mai state implicate in precedenza nella malattia.
“Questo studio – spiega il Prof. Sandro Sorbi, Prof. Ord. di Neurologia presso l’Università degli Studi di Firenze e Direttore Neurologia I dell’Azienda Osped. Univ. Careggi di Firenze – è un enorme passo in avanti per capire meglio i meccanismi cellulari e i processi patologici alla base della più comune forma di demenza. Era già noto che l’Alzheimer ha una forte componente genetica, ma le 42 nuove regioni scoperte aprono ulteriori strade per la Ricerca terapeutica”.
Oltre all’accumulo, nel cervello, della proteina beta-amiloide e della degenerazione della Tau – due processi correlati all’insorgenza dell’Alzheimer – i risultati hanno evidenziato alcune disfunzioni innate del sistema immunitario e delle microglia, ovvero cellule immunitarie presenti nel sistema nervoso centrale che svolgono un ruolo di “raccoglitore di rifiuti” eliminando le sostanze tossiche.
Se non si può intervenire sulla genetica, si può intervenire, però, sui fattori ambientali, gli stili di vita, e l’accesso ai servizi sanitari, tutti elementi che possono influenzare il potenziale di salute e/o di malattia di ciascun individuo. Per questo Airalzh (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer), con il Bando AGYR 2021 (Airalzh Grants for Young Researchers), ha voluto sostenere alcuni progetti di Ricerca legati alla prevenzione della malattia di Alzheimer ed agli stili di vita.
“Un corretto stile di vita – commenta il Prof. Sandro Sorbi, Past President Airalzh – comincia a tavola e prosegue nella vita quotidiana. Fatto confermato anche da una ricerca internazionale, pubblicata nel 2015, che ha analizzato le diete di oltre 2000 adulti raffrontandole con l’incidenza della malattia. Airalzh continua a finanziare la Ricerca sull’Alzheimer, premiando giovani ricercatori e ricercatrici, che quest’anno stanno sviluppando progetti di ricerca sugli stili di vita e prevenzione della malattia di Alzheimer”.
Ogni anno, infatti, l’Associazione – l’unica che promuove a livello nazionale la Ricerca medico-scientifica sulla malattia di Alzheimer ed altre forme di demenza – finanzia giovani ricercatori con il Bando AGYR (Airalzh Grants for Young Researchers), fondi che permettono di sviluppare e potenziare carriere indipendenti. Tra gli ultimi bandi di ricerca assegnati, sono emersi i progetti di Ricerca della Dr.ssa Livia La Barbera, del Dr. Andrea Pilotto e del Dr. Emanuele Rocco Villani.
La Dr.ssa Livia La Barbera, che opera presso il Campus Biomedico di Roma (Unità neuroscienze molecolari) sta conducendo un progetto di ricerca che si propone di studiare come l’assunzione di nanoplastiche tramite acqua potabile possa influire sulla fisiopatologia del cervello per studiare il loro potenziale effetto neurotossico.
Il Dr. Andrea Pilotto – Ricercatore presso l’Università degli Studi di Brescia, dove coordina numerosi progetti nazionali ed internazionali in ambito neurodegenerativo – sta svolgendo un lavoro di ricerca clinica chiamato “Life BIO”. Lo studio si propone di studiare l’invecchiamento sano ed il rischio di sviluppo della malattia di Alzheimer in 120 soggetti sani che verranno sottoposti ad un ampio studio anamnestico e dei fattori di rischio vascolari, a test cognitivi, motori e dell’olfatto per identificare la probabilità di sviluppo di malattia di Alzheimer.
Il Dr. Emanuele Rocco Villani, infine, Dirigente Medico Geriatra presso l’AUSL di Modena, sta svolgendo un lavoro di ricerca clinica che si focalizza sull’interazione di un certo tipo di attività fisica con i disturbi della memoria. Questo progetto vuole coniugare un ciclo di attività fisica all’integrazione alimentare con gli aminoacidi essenziali, che possono essere considerati come dei “mattoni” dei muscoli e del cervello.