AgenPress. Ma davvero qualcuno è convinto che da una sconfitta di questa portata se ne esca con un congresso ordinario tutto incentrato sul cambio della leadership?
Oppure rivendicando lo zero virgola in più in questo o quel territorio, o con la contrapposizione centro-periferia (come se in periferia non ci fossero problemi), ripetendo la litania contro le correnti nazionali, magari ben saldi alla guida di filiere locali?
Questa sconfitta non si supera con la propaganda o la tattica perché essa interroga il ruolo e il destino del Pd.
Gli errori tattici sono il sintomo, non la causa. E la causa sta nel fatto che il Pd oggi è un soggetto irrisolto.
Io ho detto come la penso da tempo: una spessa coltre di moderatismo ci impedisce di vedere la radicalità delle domande sociali che crescono nel Paese a causa delle diseguaglianze e della svalutazione del lavoro. Sono domande che necessiterebbero di cambiamenti profondi, senza i quali il riferimento naturale diventa il populismo e l’antipolitica.
Penso che altri considerino questa mia valutazione sbagliata e ritengano che la funzione perpetua del Pd sia quella dell’aggiustamento di un sistema di cui ci si candida a essere il garante, in nome di un riformismo senza ulteriori connotazioni.
Sono strade molto diverse, con riflessi diversi anche nella rappresentanza sociale che si intende svolgere.
Vanno discusse con profondità e rigore, possibilmente senza farsi dettare da esigenze mediatiche la tabella di marcia.
No compagni, questa volta non ci sono scorciatoie personalistiche!
O si inquadra bene l’oggetto del contendere e si apre la discussione ai delusi, a chi si è disperso, a chi fa politica “con altri mezzi” nell’associazionismo, nel volontariato, nel sindacato, o questa discussione rischia di essere inutile se non fatale.
Serve una nuova Costituente.
Non si tratta di una sconfitta ordinaria, dunque, e nemmeno ordinaria è la vittoria della Meloni. Tra una felicitazione e un riconoscimento del risultato (come se fosse una graziosa concessione), traiamo le conseguenze da questo fatto.
Se è vero che ha vinto la destra estrema, se è vero che esiste il rischio di uno spostamento verso le democrazie illiberali di Visigrad, allora la risposta non può essere ordinaria, appunto.
Il fatto di non aver tratto tutte le conseguenze dalla concretezza di questo rischio nella formazione delle alleanze non può essere una giustificazione nella prosecuzione dell’errore.
E allora, il Pd proponga subito un patto d’azione con tutte le altre opposizioni.
Non c’entra nulla il mancato “Campo largo”, dell’alternativa futura alla destra temo avremo tempo di parlarne. Ma le opposizioni non potranno trovarsi divise, tra loro conflittuali, di fronte alle prime mosse di una destra dai caratteri inquietanti che tutti abbiamo denunciato in campagna elettorale.
E’ quanto dichiara, in una nota , Andrea Orlando, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Deputato PD.