AgenPress. «Basta chiamarle baby gang. Qui si tratta di vere e proprie azioni delinquenziali poste in essere da soggetti che nella maggior parte dei casi sono recidivi, avendo iniziato a commettere reati da piccoli, a volte addirittura in età non imputabile, ossia sotto i 14 anni.
Per questo sarebbe importante abbassare l’età a partire dalla quale un individuo è considerato imputabile rispetto ai reati commessi, così come sarebbe opportuno, di fronte a particolari elementi aggravanti come la premeditazione o la crudeltà, giudicare minori ormai vicino alla maggiore età come maggiorenni, ossia senza quei particolari benefici loro riservati.
Purtroppo, le risposte del sistema giudiziario e processuale, che tendono spesso a perdonare e a volte sottovalutare la gravità di condotte criminali perché attuate da minori, possono non risultare sufficientemente sanzionatorie e riabilitative nei confronti di questi ragazzi.
Anche i genitori, peraltro, dovrebbero essere coinvolti nelle procedure di rieducazione dei figli minori che commettono reati, e nei casi più gravi sottoposti a un percorso di verifica della loro capacità genitoriale. E questo non a scopo punitivo, ma per sostenere famiglie e adulti in difficoltà nella crescita dei loro figli».
Lo ha dichiarato l’avvocato Elisabetta Aldrovandi, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime.