AgenPress – Trovare uno sportello bancario sta diventando sempre più difficile. Non solo nei piccoli centri o nelle aree montane, ma anche nelle grandi città. Il disimpegno delle banche dai territori non è però un fenomeno uniforme e riserva infatti alcune sorprese: a Barletta o a Grosseto è più facile imbattersi in una filiale che a Milano o a Roma.
É uno dei risultati che emergono dall’Osservatorio sulla desertificazione bancaria della Fondazione Fiba, che ha elaborato un indicatore (Ipd, Indicatore di desertificazione provinciale) che assegna ad ogni provincia italiana un punteggio sulla base della percentuale, calcolata sui rispettivi totali, del numero di comuni senza sportello o con uno sportello, della popolazione residente, delle imprese con sede legale in detti comuni e della relativa superficie.
La classifica: male le grandi città, il Sud resiste
Al vertice, con lo stesso punteggio, ci sono Barletta-Andria-Trani e Brindisi (Puglia), Grosseto e Pisa (Toscana), Ravenna e Reggio Emilia (Emilia Romagna) e Ragusa (Sicilia). In queste sette province nessun comune è rimasto senza sportelli bancari. Sul secondo gradino ci sono Bari (Puglia) e Livorno (Toscana). Al terzo posto troviamo Mantova (Lombardia), al quarto Siena (Toscana) e Venezia (Veneto), al quinto Modena (Emilia Romagna). Per trovare le grandi città, dove, con l’eccezione di Mps, hanno sede i maggiori gruppi bancari, bisogna scendere alla 16° piazza, occupata da Milano. Trento, sede del gruppo del credito cooperativo Ccb, è 19°. Staccate Roma (34°) e Napoli (41°).
Il fondo della graduatoria è occupato da Calabria e Molise. All’ultimo posto, appaiate, Vibo Valentia e Isernia, precedute da Campobasso e Cosenza. Rieti (Lazio), Verbano-Cusio-Ossola (Piemonte), Aosta (Valle d’Aosta), Avellino (Campania), Reggio Calabria e Catanzaro (Calabria) completano il quadro delle dieci province più desertificate.
Nel 2023 chiusi altri 593 sportelli
Nei primi sei mesi dell’anno si conferma la tendenza delle banche italiane a diminuire la loro presenza sui territori. Sono state chiuse 593 filiali e i comuni “desertificati”, senza sportelli sul loro territorio, sono cresciuti ulteriormente (+ 2,9%).
Aumenta di conseguenza il numero delle persone (+ 270mila, oltre 4,2 milioni in totale) e delle imprese (+ 17mila, 249mila in totale) che non hanno accesso ai servizi bancari nel comune di residenza.
Confrontando i numeri con quelli relativi alla fine del 2022, emerge che nel primo semestre del 2023 la desertificazione è avanzata più velocemente nelle Marche (- 5%), in Lombardia (- 3,9%), Sicilia (- 3,6%), Lazio (- 2,9%), Umbria e Veneto (- 2,6%).
Insostenibile il ritmo delle chiusure, la presenza sul territorio premia le piccole banche
“I dati mostrano che la desertificazione bancaria ha colpito le province italiane in modo molto difforme – commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – All’interno delle stesse regioni si registrano differenze marcate, mentre le grandi città, contrariamente alle attese, restano tutte fuori dalle prime posizioni. Inoltre alcune province del Sud, nonostante la fuga delle grandi banche, mostrano una sorprendente resilienza e si installano al vertice della graduatoria”.
“In generale, le realtà che occupano i primi posti – continua Colombani – si contraddistinguono per il radicamento delle piccole banche, che con il rialzo dei tassi d’interesse vedono premiato il loro modello di business incentrato sulla territorialità e sull’erogazione del credito. È un’ulteriore conferma che la biodiversità bancaria non è un costo, ma una ricchezza, soprattutto in un contesto che vede le grandi banche continuare a chiudere filiali: quasi 600 solo nei primi mesi del 2023. Un ritmo insostenibile – conclude – che mette a rischio l’economia dei territori e la coesione sociale”.