AgenPress – “Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Era rivolta all’insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L’ultima coltellata che le ho dato era sull’occhio. Era come se non ci fosse più. L’ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti”. Lo afferma Filippo Turetta, il giovane accusato della morte di Giulia Cecchettin, nel verbale di interrogatorio al pm, reso noto ieri sera dalla trasmissione Quarto Grado di Rete4..
Nel carcere di Verona Turetta racconta della serata trascorsa a fare shopping e della cena in un centro commerciale a Marghera. Poi il viaggio di ritorno con l’auto che si ferma in un parcheggio a 150 metri dalla casa di Giulia. “Volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazione per bambini. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava ‘sentendo’ con un altro ragazzo”.
“Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando ‘Sei matto, vaffanculo, lasciami in pace” racconta il ventiduenne al pm.
“Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. Poi i dettagli sulle modalità dell’omicidio: “Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. La ho uccisa guardandola negli occhi”. Poi “l’ho caricata sul sedile posteriore”