In vista dell’incontro tra il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e Papa Leone XIV, Costantino Del Riccio — presidente del Comitato consultivo per la comunicazione istituzionale della Fondazione OMRI, già dirigente del Quirinale, con trent’anni di servizio all’Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica, di cui quindici come Vicario del Direttore — riflette sul valore simbolico e politico dell’evento.
Una lettura profonda delle relazioni tra Stato e Chiesa nel segno del dialogo, della responsabilità e della continuità istituzionale.
AgenPress. Il 6 giugno, i palazzi vaticani ospiteranno un incontro simbolico e politico: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà ricevuto ufficialmente da Papa Leone XIV.
Non si tratta solo della prima visita al nuovo Pontefice, ma di un gesto che riafferma un legame profondo tra le due sponde del Tevere: il Quirinale e il Vaticano, la Repubblica e la Chiesa, la dimensione laica dello Stato e quella spirituale del magistero cristiano.
Con l’elezione di Leone XIV, al secolo Robert Prevost, la Chiesa cattolica inaugura un capitolo inedito ma coerente con gli ultimi pontificati.
Primo Papa statunitense e uomo del Sud del mondo per scelta di vita e di fede, Leone XIV simboleggia una Chiesa in movimento, che supera confini geografici e culturali.
La sua biografia è chiara: nato a Chicago, con formazione teologica in Italia, ha vissuto a lungo in Perù, dove ha svolto un ministero pastorale tra le comunità più fragili.
La figura del “migrante” che il nuovo Pontefice incarna rappresenta una visione del mondo: costruire ponti tra le società, riconoscendone la complessità con lo spirito del Vangelo.
Leone XIV, con una profonda conoscenza della Chiesa, non è un volto nuovo nei palazzi vaticani.
Gli anni trascorsi a Roma, come priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino e prefetto del Dicastero per i Vescovi, lo rendono un uomo di governo abituato al confronto con realtà ecclesiali diverse.
È un pastore capace di ascolto, pronto a rilanciare una Chiesa inclusiva, in grado di affrontare le sfide globali.
Il colloquio ufficiale tra i due leader si svolgerà a meno di un mese dalla Messa d’inizio pontificato, quando il Capo dello Stato guidò la delegazione italiana in Piazza San Pietro.
L’incontro avviene in un momento storico segnato da conflitti e paure. Il contesto internazionale è drammatico: le guerre si moltiplicano, le crisi umanitarie si aggravano e le tensioni mettono in discussione i principi della convivenza.
La visita di Mattarella, quindi, va oltre il protocollo. È il gesto di due mondi, civile e spirituale, che si uniscono per ribadire una verità fondamentale: il dialogo e la responsabilità sono pilastri per dare significato alla politica, alla fede e alla speranza condivisa.
Sia il Quirinale che la Santa Sede interpretano la leadership come servizio. In questo orizzonte comune, la loro collaborazione può indirizzare le decisioni pubbliche verso un’etica di partecipazione e solidarietà.
L’Italia desidera essere un interlocutore stabile presso la Santa Sede, inserendosi in una tradizione di dialogo che ha sempre privilegiato la cooperazione.
Quando Mattarella varcherà le soglie del Vaticano, porterà con sé non solo l’autorevolezza della Repubblica, ma anche la memoria di un legame umano e istituzionale che ha segnato il suo mandato: quello con Papa Francesco.
Un rapporto di rispetto e profonda stima, come dimostrano le parole del Presidente alla scomparsa di Bergoglio: “un dolore personale” e “un vuoto incolmabile”. Espressioni che superano la cornice formale e testimoniano un’amicizia sincera.
Questo legame inizia nel 2015, quando Mattarella, da poco eletto al Quirinale, si recò da Papa Bergoglio. Fu un incontro sobrio, ma già carico di un’intesa che si sarebbe approfondita negli anni.
Negli ultimi dieci anni, questo rapporto ha rappresentato una delle più alte espressioni della convergenza tra etica civile e magistero spirituale.
La partecipazione del Presidente alle cerimonie di apertura e chiusura del Giubileo straordinario della Misericordia (2015–2016), il saluto di commiato del dicembre 2021, prima dell’imprevista rielezione al Quirinale, e i numerosi scambi su questioni globali raccontano un rapporto autentico, basato su ascolto e visione comune.
Un legame che ha trovato un momento simbolico nel maggio 2023, con il conferimento a Mattarella del “Premio Paolo VI”.
In quell’occasione, il Pontefice lo definì “maestro” e “testimone coerente” di responsabilità, un riconoscimento che andava oltre la funzione istituzionale, evidenziando l’uomo che ha saputo interpretare il proprio ruolo con sobrietà e fermezza morale.
Nel corso della storia repubblicana, le visite tra Presidenti e Papi hanno rappresentato momenti emblematici di dialogo istituzionale e umano. Da Einaudi a Napolitano, da Giovanni XXIII a Francesco, ogni incontro ha contribuito a costruire un linguaggio comune di rispetto, collaborazione e, talvolta, confronto.
Con Leone XIV si apre un nuovo capitolo in un’epoca in cui le sfide globali richiedono una rinnovata intesa tra coscienze civili e morali.
Mattarella, con il suo stile sobrio e la sua autorevolezza, rappresenta una Repubblica che non teme il confronto con la spiritualità, riconoscendone il valore per la coesione sociale e il senso di comunità.
Papa Leone XIV è atteso come una voce nuova, capace di dare slancio a una Chiesa che ascolta e parla al mondo con coraggio.
La stretta di mano tra il Presidente e il Pontefice non sarà solo un gesto simbolico, ma un impegno a proseguire un cammino condiviso di dialogo e responsabilità.