Assemblea Federacciai. Meloni: “Non smetteremo di fare la nostra parte per difendere la produzione europea di acciaio”

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Il messaggio del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in occasione dell’Assemblea di Federacciai


AgenPress. Mi spiace davvero non essere con voi a Bergamo per l’Assemblea pubblica di Federacciai, ma ci tenevo a farvi arrivare il mio saluto e a condividere con voi alcune riflessioni su un settore, quello dell’acciaio, strategico per l’economia italiana ed europea.

La partecipazione ai lavori di due Commissari europei, il Vicepresidente Fitto e il Vicepresidente Séjourné, che saluto, ribadisce che la siderurgia costituisce uno dei temi vitali dell’Unione Europea. Anzi, ne rappresenta uno degli aspetti fondativi, perché è proprio sulla necessità di mettere in comune strategie e politiche sul carbone e sull’acciaio che è nato il primo nucleo delle Istituzioni europee.

Oggi, ad oltre settant’anni di distanza, l’Europa sta vivendo un paradosso: è nata per mettere in relazione la cooperazione in ambito energetico e per l’approvvigionamento delle materie prime, ma si ritrova ad essere più esposta su questi due versanti. La globalizzazione senza regole e l’apertura del libero commercio a sistemi che non ne rispettano le regole di base ha creato profonde sperequazioni, vulnerabilità strutturali e una pericolosa tendenza alla deindustrializzazione delle economie europee. Le catene del valore sono diventate sempre più lunghe e complesse, anche in settori strategici per la sicurezza e il benessere delle nostre Nazioni. Tutto ciò, unito alle autolesionistiche distorsioni provocate da un approccio regolatorio europeo improntato più all’ideologia che alla realtà, ha finito per rendere l’Europa più debole e più esposta agli shock e alle crisi sistemiche.

È ormai sempre più chiaro che una delle priorità da cui ripartire per cambiare questo scenario sia ripensare profondamente la politica ambientale europea, che così come è stata portata avanti finora ha finito solo con l’avvantaggiare i nostri concorrenti mondiali e, per di più, senza incidere davvero sulle emissioni globali.

È necessario invertire la rotta. Lo sosteniamo da sempre e in questi anni il Governo ha lavorato con determinazione in Europa per rimettere in discussione l’architettura stessa del Green Deal. I primi risultati stanno arrivando. L’esito del Consiglio Europeo di ottobre, dove finalmente si è iniziato a parlare di “competitive green transition”, e l’accordo raggiunto sulla revisione della Legge sul Clima dimostrano che è possibile affrontare queste materie con buon senso.

All’ultimo Consiglio Ambiente, grazie al gioco di squadra con altri nove Governi europei di differenti colori politici, non abbiamo solo apportato modifiche significative alla proposta di revisione della Legge Clima ma abbiamo posto le basi per correggere altre storture.

Abbiamo ottenuto la possibilità di fare ampio ricorso ai crediti internazionali e di farlo già a partire dal 2031, una flessibilità estremamente articolata sugli strumenti di cattura del carbonio, una robusta clausola di revisione al 2030 e la piena applicazione del principio della neutralità tecnologica, con l’apertura ai carburanti a basse emissioni – a partire dai biocarburanti – nel settore automobilistico. Inoltre, abbiamo ottenuto anche un percorso più lento di riduzione delle quote gratuite ETS per i settori industriali già coperti e il rinvio della normativa ETS2 per edifici e trasporti al 2028.

Passi importanti per superare quel dogmatismo ideologico che ha messo in ginocchio le nostre imprese e i nostri lavoratori. Ovviamente non ci accontentiamo e continueremo a lavorare in questa direzione, così come non smetteremo di fare la nostra parte per difendere la produzione europea di acciaio. Il Governo sta seguendo con molta attenzione il Piano d’azione UE per la siderurgia e la metallurgia, e le recenti proposte avanzate da Bruxelles per proteggere il settore siderurgico europeo dagli effetti negativi causati dalle sovraccapacità globale.

Resta sullo sfondo l’obiettivo generale, come sancito dalla dichiarazione comune UE-USA, di costruire un sistema transatlantico di protezione comune dalla sovracapacità globale. Un’intesa che offrirebbe anche una soluzione concreta al problema dei dazi statunitensi su acciaio, alluminio, rame e prodotti derivati che, lo sappiamo bene, restano su livelli difficilmente sostenibili per le nostre aziende.

Rimane inoltre prioritario rivedere il CBAM che, nella sua concreta applicazione, si è rivelato dannoso per l’industria siderurgica e un incentivo alle delocalizzazioni. Altrettanto centrale è l’attenzione al rottame ferroso, che oggi rappresenta una materia prima critica e che, in assenza di efficaci politiche europee, prende spesso la strada di Paesi extra-Ue, con la conseguenza di andare ad alimentare industrie concorrenti.

Non dimentico, ovviamente, altri temi decisivi. Su tutti il costo dell’energia, fondamentale per i settori produttivi energivori. Anche qui l’Unione Europea deve fare la sua parte, come noi stiamo cercando di farla, avendo già ricevuto suggerimenti dalle imprese e dalle associazioni, che stiamo vagliando e che attendiamo anche da questa Assemblea.

Occorre, per sostenere un settore strategico come quello della siderurgia, lavorare tutti nella stessa direzione e con gli stessi obiettivi. È per questo, tra l’altro, che insieme ad altre 19 Nazioni abbiamo chiesto al Presidente del Consiglio europeo una vera attenzione alla competitività delle nostre imprese, una necessaria semplificazione, l’eliminazione di legge inutili o addirittura controproducenti.

Viviamo tempi complessi segnati dall’imprevidibilità, ma possiamo contare su una certezza: siamo una grande potenza industriale, che ha saputo dare il meglio di sé nei momenti più difficili. Possiamo farlo di nuovo, con coraggio, visione e concretezza. Ne abbiamo l’occasione: non ci resta che coglierla.

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