Siamo passati con le nomine del Tesoro dalla partitocrazia alla stretta amicocrazia. Sappiamo che Conte vuole innovare nelle scelte. A volte non è facile ottenere la disponibilità di persone di valore, ma lo esortiamo a non mollare perché uomini di qualità come capi azienda e alla guida della macchina burocratica sono la condizione ineliminabile per vincere la partita della ricostruzione. Gualtieri si accodi a Conte e metta in riga Rivera
AgenPress. Siamo passati dalla partitocrazia alla stretta amicocrazia. Siamo al punto massimo di degrado della lottizzazione dove si combatte con ogni mezzo per un posto in cda al commercialista di fiducia in questa o quella controllata pubblica. Il Tesoro della Repubblica italiana è arrivato a designare una squadra di pallone di amministratori del Monte dei Paschi di Siena – in questa banca nazionalizzata è stato fatto un lavoro importante ma ha davanti a sé un cammino in salita che richiede esperienza e competenza – dove non c’è un solo giocatore che sia sceso in campo anche per un solo minuto in un board bancario.
C’è di tutto: professori di varie tematiche, alcuni anche di qualche competenza, politici trombati, dirigenti di azienda, ma sempre tutti amici degli amici e tutti privi di esperienze di amministrazione bancaria. Diciamolo con chiarezza: una vergogna. Capirete che con questi precedenti alle spalle quando si sono viste le manovre prima per dare i superpoteri al ministro dell’economia Gualtieri di spostare in autonomia i soldi dell’emergenza Covid da un capitolato all’altro della spesa dei ministeri e poi – cosa ancora più eclatante – si è arrivati al punto di concepire addirittura che il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, si autonomini con un semplice atto amministrativo “ministro plenipotenziario” delle grandi Partecipate di Stato, è venuto giù il mondo.
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