Ingroia: “Sono d’accordo con la responsabilità civile e diretta dei magistrati”

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AgenPress. Antonio Ingroia, ex magistrato ed oggi avvocato, è intervenuto ai microfoni de L’Italia s’è Desta condotta dal direttore Gianluca Fabi e Matteo Torrioli su Radio Cusano Campus per commentare la bocciatura del referendum sull’eutanasia e parlare della riforma della giustizia.

“Condividevo in pieno il referendum sull’eutanasia. Probabilmente è anche vero che forse non è un tema da referendum, servirebbe una legge approvata dal Parlamento. Con il referendum si agisce un po’ con l’accetta mentre servirebbe dibattito per scriver le varie norme. Bisognerà comunque leggere le motivazioni della Corte. Il Parlamento purtroppo non riesce a produrre riforme degne di questo nome su materie che necessiterebbero di interventi, stesso dicasi sulla riforma della giustizia”.

Ingroia ha affrontato alcuni temi del referendum sulla giustizia.

“Io sono favorevole alla responsabilità civile e diretta dei magistrati. Credo che sia percepito dai cittadini più come un privilegio che come un’effettiva esigenza di tutela del magistrato. Non è un attacco o una minaccia all’indipendenza della magistratura. Credo che come tanti professionisti, anche i magistrati devono sapere di correre il rischio di essere citati in giudizio per gli errori giudiziari commessi. Quindi, come altri professionisti, ci si dota di un’ottima assicurazione per risarcire il cittadino nei confronti del quale è stato commesso un errore”.

Giudizio diverso sulla separazione delle carriere.

“È illusorio che la separazione delle carriere possa risolvere i problemi della giustizia. Questo è un falso problema, non è così che si risolvono le storture della giustizia. È già attuata una forma di separazione delle funzioni. Credo che né il referendum né la Riforma Cartabia abbiano la forza e il coraggio di affrontare il tema centrale della giustizia ovvero i tempi di conclusione dei processi. Questo si riverbera in modo drammatico sui tempi della custodia cautelare in carcere dove si rimane di più in attesa di giudizio che dopo la sentenza di condanna. Il referendum tocca anche la questione della custodia cautelare ma anche questo aspetto andava trattato in parlamento che purtroppo non è riuscito ad eleggere neanche un Presidente della Repubblica”.

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