AgenPress. Provengono da Perù, Argentina, Paraguay: sono i primi 12 infermieri extracomunitari che l’Assessorato al Welfare della Regione Lombardia ha previsto di inserire presso la realtà dell’Asst Sette Laghi di Varese.
Prenderanno ufficialmente servizio in questi giorni di fine dicembre, così ci dicono. Poi pare che ne arriveranno altri, e seguiranno tutti il medesimo iter di formazione linguistica e di integrazione socio-culturale-giuridica, allo scopo di essere inseriti negli ospedali lombardi già a febbraio subito dopo le festività natalizie.
«Dallo staff di Bertolaso ci hanno confermato che i primi 12 infermieri hanno concluso un percorso di formazione di circa quattro settimane presso una Cooperativa accreditata e sarebbero pronti a lavorare con i pazienti dopo un iniziale affiancamento con altri professionisti più esperti.
La presenza di questi infermieri, forti di un titolo di studio ottenuto nel proprio paese natio, secondo i responsabili del progetto, coordinato anche da Prefettura, Comune di Varese, (e ci dicono che anche l’OPI locale avrebbe avuto un ruolo chiave nel loro percorso formativo), servirà, secondo Bertolaso, per cominciare a tappare le falle di quella grave carenza di personale infermieristico in Lombardia, comprovata da dati allarmanti.
Non dimentichiamo i numeri significativi relativi a quei 4mila infermieri frontalieri che, ogni giorno, da tutte le province della Lombardia confinanti con la Svizzera, decidono di lavorare in terra elvetica, forti di uno stipendio che può anche superare di tre volte quanto percepivano in Italia.
Nel 2022 l’Opi Varese, del resto, rendeva noto di aver fatto registrare 350 cancellazioni da parte di infermieri, mentre il picco massimo era sempre stato di 150 negli anni precedenti. I numeri sono senza dubbio preoccupanti e li conosciamo bene.
Senza dubbio siamo di fronte a carenze che abbiamo denunciato più volte a gran voce: i disagi degli infermieri lombardi sono stati oggetto di una conferenza plenaria organizzata lo scorso maggio, a Milano, proprio dal nostro sindacato.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Una riflessione di massima è doverosa, e ce la impone l’onestà intellettuale che ci contraddistingue. E il nostro quesito ha l’obiettivo di invitare ancora una volta la politica, nazionale e regionale, come abbiamo sempre fatto, a “farsi un sano esame di coscienza”, perché nulla di intentato può essere lasciato per ricostruire un sistema sanitario fin troppo fragile.
Sono davvero sufficienti solo 4 settimane di corso di lingua italiana per permettere a un professionista dell’assistenza, proveniente da un altro continente, per assumersi le elevate responsabilità che competono ogni giorno a un infermiere, oltre tutto nella delicatissima e non certo agevole realtà dei nostri ospedali?
E’davvero questa la sanità del futuro che dobbiamo attenderci per i nostri parenti, per noi stessi? Sempre più eccellenze di casa nostra ad arricchire le realtà sanitarie di altri paesi, diventandone fiori all’occhiello, e noi costretti a tappare le falle, perché di niente altro si tratta, con professionisti provenienti dal Sud America o dall’India?. Con tutto il rispetto, continua a sembrarci, non smetteremo di sottolinearlo, un enorme paradosso», conclude De Palma.