Oltre 53.901 morti e oltre 122.500 feriti dall’ottobre 2023. Quasi 4.000 morti e 10.500 feriti solo dal marzo 2025, ripresa del conflitto
Ospedali quasi del tutto distrutti, bambini e civili in grave pericolo ogni minuto che passa
Una tragedia infinita a cui è necessario mettere fine
AgenPress. Ogni giorno che passa, la tragedia nella Striscia di Gaza si aggrava con una drammatica brutalità senza precedenti. Sono stati uccisi otto bambini di una stessa famiglia, figli della dottoressa Alaa al-Najjar, medico in servizio presso l’ospedale “Nasser” di Khan Jounis. La casa è stata distrutta, e il marito della dottoressa, anch’egli medico, è rimasto gravemente ferito. Solo uno degli otto bambini è sopravvissuto, mentre gli altri, di pochi mesi e anni, sono stati trovati sotto le macerie, morti sul colpo. Questa è la realtà di Gaza, una realtà fatta di sangue, dolore e terrore che si ripete in centinaia di famiglie ogni giorno.
Questi fatti non sono numeri astratti, ma il volto umano e terribile di una catastrofe che ha già provocato circa 53.901 morti e 122.593 feriti dall’Ottobre 2023. Da marzo 2025, con la ripresa del conflitto dopo un’effimera tregua, solo negli ultimi mesi, i morti sono quasi 3.747 e i feriti oltre 10.552. Bambini, donne, anziani, civili innocenti pagano un prezzo altissimo.
Le condizioni sanitarie sono più che mai disperate: almeno il 94% di tutti gli ospedali della Striscia di Gaza è stato danneggiato o distrutto, rendendo quasi impossibile fornire cure adeguate. Solo quest’anno, oltre 9.000 bambini sono stati curati per malnutrizione, con centinaia che muoiono per fame e mancanza di assistenza medica. Nelle ultime 24 ore, negli ospedali di Gaza, sono stati registrati 79 morti (di cui 5 recuperati) e 211 feriti, ma questi dati non includono le aree del nord della Striscia, difficili da raggiungere, dove la situazione è altrettanto drammatica.
Numerose vittime sono ancora sotto le macerie o per strada, e le squadre di soccorso e della difesa civile non riescono a raggiungerle. È una tragedia senza fine, una crisi umanitaria che chiede interventi immediati. Solo ieri, domenica, sono morte ben 37 persone e sono state cancellate negli ultimi giorni ben 8 famiglie dall’anagrafe.
La comunità del mondo arabo in Italia e la collettività medica internazionale, e in particolare i nostri professionisti sanitari di AMSI e UMEM, insieme ai nostri corrispondenti di Aisc News e Radio Co-mai Internazionale in oltre 120 paesi, monitorano e denunciano incessantemente da tempo questa situazione disumana.
Abbiamo contato la perdita di più di 1.100 professionisti sanitari, con il 74% di loro che ha perso anche membri della propria famiglia, compresi figli e genitori. Sono più di 17.000 i bambini orfani e 52.000 le donne in gravidanza a rischio per l’assenza di assistenza adeguata.
Molto grava che gli aiuti stanno mancando molto e da tempo e si vedono gli effetti su bambini e la popolazione : Nelle ultime ore sono entrati nella Striscia di Gaza 83 camion di aiuti umanitari delle Nazioni Unite, per un totale di 388 camion da quando gli aiuti sono stati ripresi. Ma si deve fare molto di più: urgono in questo momento più di 700 camion al giorno di aiuti sanitari e umanitari per sanare la drammatica quotidianità e la fame dei bambini.
Un altro nefasto dato riguarda la libertà di stampa: sono oltre 220 i giornalisti uccisi a Gaza dall’ottobre 2023, tra cui Hassan Abu Wardeh, ultimo di una lunga lista di operatori dell’informazione vittime del conflitto.
In questa situazione, rivolgo una lettera aperta al al Governo italiano, alla comunità europea, ai partiti politici, al mondo della sanità e alla società civile, per sostenere la popolazione palestinese, e in particolare i bambini. È necessario che l’Italia assuma una posizione al di sopra delle parti, per promuovere la pace, il rispetto dei diritti di entrambi i popoli e dei due Stati.
Questa è sicuramente la situazione più grave e crudele mai vista a livello mondiale, per quanto riguarda le vittime innocenti, soprattutto bambini e donne.
Seguo la situazione internazionale dal 2000 e la primavera araba dal 2010, ma non ho mai visto immagini di tale brutalità e un così alto numero di vittime innocenti in Palestina.
Da parte dei partiti politici vedo un passo avanti nelle dichiarazioni di solidarietà (almeno da parte di alcuni), ma purtroppo rimane una netta divisione: da una parte chi sostiene l’aiuto umanitario e la pace tra due Stati e due popoli, dall’altra chi cerca di giustificare l’ingiustificabile e difendere ciò che è impossibile e disumano da difendere.
Dal punto di vista sanitario, abbiamo registrato la perdita di più di 1.100 professionisti della salute, di cui il 74% ha perso almeno due familiari diretti (figli, genitori). Abbiamo più di 17.000 orfani e 52.000 donne in gravidanza in grave pericolo. Il 96% degli ospedali è praticamente non funzionante. Quello che resta di funzionante si può a malapena definire come uno studio medico di medicina generale, e spesso nemmeno quello.
Per questo chiediamo al Governo italiano un colpo di reni, un passo avanti coraggioso per sostenere la popolazione palestinese con aiuti umanitari e sanitari concreti, aprendo corridoi umanitari e sanitari immediati.
Non si può continuare con posizioni ambigue: certe scelte politiche e dichiarazioni saranno ricordate dalla storia, o come atti di coraggio o come senza una posizione a favore del dialogo e la pace e dei bambini che muoiono di fame.
Dall’inizio del conflitto emaniamo comunicati di solidarietà, appelli per il dialogo e la pace tra palestinesi e israeliani, ma troppo spesso non siamo ascoltati. Tuttavia, apprezziamo molto la solidarietà crescente della popolazione italiana, che si oppone fermamente a ogni forma di antisemitismo e islamofobia, dando un esempio di umanità e rispetto.
È tempo di agire con responsabilità e impegno reale per fermare questa tragedia senza fine. Il Governo, i partiti politici e la società civile devono unirsi per promuovere una soluzione giusta e duratura, fondata sul rispetto dei diritti umani e sul diritto alla vita di tutti.
Con questo appello, a nome mio, della Comunità del Mondo Arabo in Italia (CO-MAI), dell’Unione Medica Euromediterranea (UMEM) e dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (Amsi), e dei rispettivi Direttivi, ribadiamo l’urgenza di un impegno internazionale forte che porti sollievo e speranza a milioni di persone che vivono oggi nella paura e nella sofferenza.
Rivolgiamo un appello anche a tutte le società civili del mondo, in particolare ai giovani, affinché si uniscano per intensificare l’impegno contro ogni forma di guerra e di conflitto. Invitiamo al dialogo costruttivo, rivolgendoci in modo particolare al popolo palestinese e alla società civile israeliana, per unire tutte le persone che credono nel rispetto reciproco e nella convivenza pacifica. Stiamo sacrificando intere generazioni di giovani, compromettendo il futuro del dialogo e della pace. È fondamentale evitare scontri quotidiani, anche sul piano mediatico, e promuovere un’informazione corretta e responsabile che possa gettare le basi per una nuova cultura della pace. Come movimento Uniti per Unire, crediamo che il futuro passi dall’unità di chi rifiuta la violenza e sceglie il dialogo come unica strada possibile.
Vorrei aggiungere un richiamo forte e simbolico che parte da quelle immagini strazianti che continuano a colpire le nostre coscienze: bambini che aspettano ore, in fila, con una ciotola in mano, sperando in un po’ di riso o qualche cucchiaio di legumi. Non possiamo più tollerare scene in cui dei piccoli litigano o piangono per una ciotola di cibo, nel disperato tentativo di riportare a casa qualcosa per i loro familiari.
Nel 2025 – nel cuore di un mondo che si proclama civile e connesso – è inaccettabile assistere ancora a queste realtà. Per questo, come Movimento Uniti per Unire, rilanciamo il nostro messaggio contro tutte le guerre, con uno slogan che è un grido di denuncia e umanità: “No alla guerra delle ciotole di riso e fagioli per sfamare bambini e famiglie”.
Diciamo basta alla fame come strumento di guerra, e uniamo tutte le società civili, i giovani e le persone di buona volontà – in Palestina, in Israele, e in ogni angolo del mondo – per costruire un fronte comune a favore del dialogo, del rispetto reciproco e della pace vera.