AgenPress. Il mondo è “ferito da continue guerre”. Almeno 56, secondo il portale indipendente Acled (Armed Conflict Location and Event Data Project). Dai conflitti più accesi, come Gaza, Ucraina e Sudan, a quelli meno noti che spesso vedono coinvolti anche attori non statali, fino alle guerre “congelate” che giacciono irrisolte ma rischiano sempre di riaccendersi come recentemente avvenuto per la disputa di confine tra Thailandia e Cambogia o per quella tra Pakistan e India nel Kashmir.
E’ davanti a questo scenario più volte ricordato nei suoi appelli che mercoledì scorso, a fine udienza generale, Leone XIV ha deciso di dedicare la giornata di oggi, 22 agosto – in cui la Chiesa celebra la Beata Vergine Maria Regina – alla preghiera e al digiuno per la pace.
In particolare, nel tweet pubblicato a fine mattinata sul suo account @Pontifex, il Papa auspica che “i cuori siano liberati dall’odio”, che “si esca dalle logiche della divisione e della ritorsione e prevalga la visione d’insieme animata dal bene comune”.
Se l’invito di Papa Leone XIV è stato ampiamente accolto dalle Chiese, rimane sempre pressante l’esigenza di un “cambio di passo” a livello politico e diplomatico. Il mondo è lacerato da una “terza guerra mondiale a pezzi” che ha già portato lo scorso anno la spesa per gli armamenti al livello record di 2.718 miliardi di dollari. L’Europa, da tre anni e mezzo, con l’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022, è ripiombata nell’incubo di una sanguinosa guerra che nel cuore del continente mancava dai tempi dei conflitti nei Balcani. Più ai margini del continente europeo, d’altra parte, si possono segnalare i passi avanti per uno storico accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian che potrebbe mettere fine a oltre 30 anni di sangue e incomprensioni.
A Gaza, dopo il brutale attacco di Hamas il 7 ottobre 2023, è sotto gli occhi di tutti una tragedia umanitaria senza precedenti nel nostro secolo. Mentre anche in Cisgiordania gli ultimi piani del governo israeliano ci ricordano la pericolosità delle questioni per troppi anni irrisolte. Come pure il Libano, dove dopo la guerra dell’autunno dello scorso anno sembrano però scongiurati scenari più cupi; mentre la vicina Siria vive un momento importante e delicato, attraversata da cambiamenti epocali dopo la caduta di Bashar Al Assad.
L’Africa rimane uno dei continenti con il più elevato numero di conflitti. A partire dal Sudan, dove dall’aprile 2023 lo scontro di potere tra esercito e Forze di supporto rapido (Rsf), ha prodotto quella che l’Onu ha definito la più grave crisi degli sfollati al mondo con 14 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case. Ma tanti altri sono i focolai di guerra nel continente: dall’est della Repubblica Democratica del Congo, dove centinaia di gruppi armati da anni depredano le risorse del Paese seminando sangue e instabilità, al nord del Mozambico e ai tanti Paesi del Sahel dove imperversa la violenza jihadista, fino all’Etiopia, alla Somalia per arrivare alla Libia divisa da un’altra guerra “dimenticata”.
Anche nel continente asiatico non mancano i conflitti. In Myanmar, da oltre quattro anni, un brutale conflitto vede contrapposti la giunta militare al potere e gruppi ribelli che ormai controllano ampie parti del Paese. La penisola coreana rimane divisa e attraversata da venti di guerra ancorati alla logica della deterrenza nucleare; mentre anche il confine tra Pakistan e Afghanistan è da tempo teatro di un conflitto che si trascina lontano dai riflettori. Non fa eccezione nemmeno l’Oceania, dove in Papua Nuova Guinea di tanto in tanto si riaccendono violenze tribali mai sopite. L’America Latina, forse meno segnata da guerre aperte, vede tuttavia tanti Paesi in cui ancora regnano criminalità e violenze. A cominciare da Haiti, lo Stato più povero delle Americhe, dove quasi l’80 per cento del territorio è sotto il controllo delle gang criminali tra l’impotenza del governo e della comunità internazionale.