Pierfranco Bruni: “La cultura libera nasce da una libertà della politica e non dal giacobinismo”

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Si può ancora censurare la cultura? Come si è giunti a bruciare i libri? Come si è arrivati a costringere alcuni giornali a diventare clandestini in un tempo non tempo remoto? È ancora accettabile censurare l’editoria? Ma questi signori non si guardano intorno? Se c’è un filo sottile insiste tra democrazia e dittatura è una storia completamente diversa tra democrazia e libertà

AgenPress. Mentre leggevo, ascoltavo, osservavo l’Appello di coloro che si ergono a censori dell’editoria non politicamente corretta riflettevo su Hegel, oltre che su Voltaire. Immediatamente ho abbandonato sia il tedesco della fenomenologia sia il francese della ragione. Ho semplicemente cercato di sorridere un po’.
Mi sono chiesto più volte se questo è un mondo reale o è soltanto ancora una finzione della brutta rivoluzione francese che ha condotto a Robespierre.
Mi sono detto, leggendo, i nomi degli “appellanti, ma no. Non può essere. Non hanno una cultura profonda se pur anteposta alla mia. È il pensiero non pensiero ovvero la fragilità delle idee a farsi continuamente strada. Perché? Semplice. Non hanno altri argomenti. E fanno gruppo.
In realtà sembra essere ritornati al contesto delle inquisizioni. Cosa accade nelle sinistre delle culture? È grave che un gruppetto di “intellettuali” di ideologia di sinistra contesti e censura (ripeto censura) la presenza alla Fiera del Libro della media e piccola editoria di Roma di una casa editrice che pubblica libri in odore di fascismo.
È triste tutta la faccenda. Ci fa capire che il pensiero non è libero. Ci fa capire che l’idea di democrazia è antidemecratica? Il filo tra dittatura e democrazia è molto sottile. Bisogna fare molta attenzione.
Questi fatti avvengono quando il pensiero è debole o quando l’intolleranza giunge a limiti estremi. Invece di esplodere la critica dialettica si cerca di imbavagliare. Ma questi sono veramente persone di cultura? Non credo proprio.
Le dichiarazioni di Massimo Cacciari e Luciano Canfora, in questi giorni, ovvero di un filosofo e uno storico, dovrebbero far molto riflettere tutti coloro che hanno sottoscritto l’appello per “eliminare” la piccola editrice presente alla Fiera. Il colpo credo che non sia riuscito perché hanno dato alla stessa casa editrice una pubblicità gratuita enorme. Ma il problema resta.
Si può ancora censurare la cultura? Come si è giunti a bruciare i libri? Come si è arrivati a costringere alcuni giornali a diventare clandestini in un tempo non tempo remoto? È ancora accettabile censurare l’editoria? Ma questi signori non si guardano intorno? Se c’è un filo sottile insiste tra democrazia e dittatura è una storia completamente diversa tra democrazia e libertà.
La libertà non è in incipit un fatto istituzionale. È una idea che riguarda il pensiero. Si può anche processare un pensiero ma resta sempre un pensiero oltre il processo. Chi è “democratico” non dovrebbe imporre e quindi censurare e chiedere che si applichi un atto antistorico e antifilosofico.  Sono i lettori che decidono e non alcuni “intellettuali” che credono di possedere la verità.
Già sull’argomento della verità gli appelli sono radicalismi giacobini.
Non si tratta soltanto di una situazione improbabile ma anche di una supponenza e di un senso di superiorità basato sul completamente nulla. Questo nasce soprattutto dal clima politico che campeggia oggi. La politica non dovrebbe silenziarsi. Soprattutto quella delle sinistre.
Il fatto, per ritornare a ciò che ho detto prima, è che gli argomenti nascono dalle idee. Le idee fanno il Pensiero. Se si ha una sola idea non fa pensiero articolato. Infatti si vive nel tempo di una sinistra culturale che impone un suo status senza più pensiero. Ma abita in un caos che riesce a esprimere soltanto il contro. Con questi gruppi non c’è più una cultura che si possa definire di sinistra. Solo giacobinismo. Robespierre, metafora del suicidio lento.
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