Agenpress – Fabiano Antoniani, tetraplegico e cieco a causa di un incidente stradale, era affetto da una “patologia irreversibile”, come dimostrato dai documenti sanitari; pativa una “grave sofferenza psichica e psicologica”, come riferito da medici e familiari; aveva una “dipendenza da trattamenti di sostegno vitale” in quanto “non autonomo nella respirazione, nell’alimentazione e nell’evacuazione”; era capace di “prendere decisioni libere e consapevoli”, come confermato dai testimoni, tra i quali la mamma e la sorella.
E’ quanto si legge nelle motivazioni, depositate oggi, con cui la Corte d’Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha assolto Cappato con la formula “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di aver agevolato il suicidio di Fabiano Antoniani per averlo accompagnato nel febbraio 2017 in una clinica svizzera a morire, “già in forza della ricostruzione dei fatti, emerge con certezza” che Dj Fabo “era giunto alla decisione di porre termine alla sua vita”.
Era stata già la Consulta a “escludere l’illiceità della condotta di agevolazione contestata a Marco Cappato” nella vicenda di Fabiano Antoniani e lo fece “implicitamente con riguardo all’autonomia, libertà e consapevolezza che avevano connotato la sua decisione di porre fine alla sua vita, espressamente con riguardo alla ricorrenza delle condizioni di salute che legittimavano l’agevolazione della sua scelta”, scrive la Corte d’assise di Milano nelle motivazioni.
“Le emergenze istruttorie hanno (…) dimostrato che Marco Cappato ha aiutato Fabiano Antoniani a morire, come da lui scelto, solo dopo aver accertato che la sua decisione fosse stata autonoma e consapevole, che la sua patologia fosse grave e irreversibile e che gli fossero state prospettate correttamente le possibilità alternative” come il rifiuto alle cure. Lo scrive la Corte d’Assise di Milano nelle motivazioni con cui lo scorso dicembre ha assolto Marco Cappato dall’accusa di aiuto al suicidio.
E questo in quanto aveva una “patologia irreversibile (…) fonte di sofferenze fisiche e psicologiche, che trovava assolutamente intollerabili,in quanto (…) era tenuto in vita a mezzi di trattamenti di sostegno vitale restando tuttavia (…) capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
“Risulta altresì – proseguono le motivazioni – che queste condizioni avevano ‘formato oggetto di verifica in ambito medico’”.
Inoltre i giudici, richiamandosi alla loro ordinanza con cui avevano trasmesso nel febbraio 2018 gli atti alla Consulta perla valutazione della legittimità costituzionale dell’art.580 del codice penale, ribadiscono pure che “dall’istruttoria è emerso che Marco Cappato ha solo aiutato Fabiano Antoniani a recarsi in Svizzera, ma non ha mai determinato né rafforzato la sua decisione in proposito”.
La Corte di Assise di Milano ritiene che in questo caso sussistano le 4 condizioni e i 3 “requisiti procedimentali” -tra i quali le adeguate verifiche delle condizioni “patologiche”in ambito medico e la prospettazione delle alternative per porre fine alla propria vita – indicati dalla Consulta affinché “i giudici di merito possano ritenere la condotta contestata come rientrante nell’area di non punibilità di aiuto al suicidio”.