Renzi: “È stata la battaglia più difficile della mia vita politica”

- Advertisement -
- Advertisement -

AgenPress. «Sono rilassato e felice. Si è chiusa per me la partita più difficile della mia esperienza politica. Anche umanamente».

Perché la più difficile, senatore?

«Perché in tutte le battaglie precedenti mi era stato riconosciuto, dai miei avversari, il senso di ciò che volevo fare. Quando nel 2009 ho fatto le primarie a Firenze. Quando, da cattolico, ho fatto le leggi sulle unioni civili. E poi quando ho fatto il Jobs Act, e quando abbiamo mandato a casa Salvini, e quando abbiamo promosso il referendum di riforma costituzionale. C’è sempre stato chi contestava. Ma diceva: capisco che cosa Renzi vuol fare».

Stavolta, invece?

«Stavolta, quando abbiamo aperto la crisi, nessuno ne capiva il motivo. Si dava per scontato che la pandemia dovesse chiudere ogni spazio di dibattito politico. E io non riuscivo a spiegare il senso di quello che stavamo facendo».

Proviamo a rispiegarlo ora.

«Eppure è semplice. All’Italia arrivano 209 miliardi, tanti soldi quanti mai ne abbiamo avuti: e secondo me Conte non era la persona giusta per spenderli. Draghi sì».

Ma la gente pensava: Renzi vuole più ministri.

«Abbiamo visto com’è andata. Oggi chiunque capisce che Italia Viva, nella coalizione di governo, conta molto meno di prima. È ovvio che in una maggioranza più ampia abbiamo meno potere interdittivo. Ma io sono molto più felice adesso. Ho fatto un sacrificio personale per il bene del Paese».

Lei dice: tutto questo era difficile da spiegare.

«È così. Mi sono preso un sacco di insulti, dicevano che pensavo ai posti da ministro. Anche al bar non ci riuscivo, anche con le persone che mi erano sempre state vicine. Ora però siamo invasi da migliaia di messaggi».

E cosa le scrivono?

«Che adesso hanno capito. E questo mi fa fare tante riflessioni personali».

Quali?

«Ad esempio su quanto poco sia lungimirante il politico che agisce per ottenere un consenso immediato».

Lei ha rischiato l’osso del collo, lo sa?

«Certo che lo so. Ma ho sempre pensato che le partite bisogna giocarsele, anche se difficili, e tante volte ho perso. Ho innumerevoli difetti, ma so perdere. Mai come questa volta, però, eravamo in pochissimi».

Una partita tipo con due espulsi, nove contro undici?

«Tipo. Alla fine però gli avversari hanno sbagliato un gol e ne hanno preso uno in contropiede. Questo, se me lo lascia dire, è anche la bellezza della politica».

Che cosa sarà per l’Italia il governo Draghi?

«Una straordinaria occasione, e non solo perché sapremo come spendere i soldi del Recovery. Draghi potrà fare dell’Italia una guida europea. Ci pensi: la Merkel scade in settembre di quest’anno e Macron nell’aprile dell’anno prossimo, anche se mi auguro che verrà rieletto. La nostra legislatura scade nel marzo del 2023. Ecco, in questo periodo la figura più forte in Europa sarà il presidente del Consiglio italiano».

Che effetto le fa, adesso, vedere tanto consenso, tanto entusiasmo nei confronti di Draghi, quando fino a pochi giorni fa sembrava che cambiare guida al governo fosse «irresponsabile»?

«Eh si, adesso tutti dicono: meno male che c’è Draghi. Credo che il salto sul carro diventerà quest’anno una specialità olimpica. Vedremo i contiani diventare draghiani. Niente di nuovo. L’importante è che il Paese sia in buone mani. E senza le dimissioni di Teresa BellanovaElena Bonetti e Ivan Scalfarotto questo non sarebbe successo».

E però lei ha partecipato a trattative per un Conte ter.

«Avevo il dovere di verificare fino a che punto fossero davvero in grado di svoltare. Se avessero dato garanzie di discontinuità su economia, infrastrutture, lavoro, giustizia, scuola, affari europei, Recovery, ecco, ci sarebbe stato un Conte ter. lo avrei fatto una figuraccia, me almeno qualcosa sarebbe cambiato».

Invece?

«Invece non c’era nessuna volontà di cambiare. Loro pensavano che io fossi come loro: pensavano di potermi accontentare con qualche ministero. Quando ho capito che non solo si stavano arroccando, ma tentavano pure di comprarmi, ho rotto tutto».

Una volta Scalfari chiese a Montanelli se l’Italia ce l’avrebbe fatta, e Indro -a proposito di toscani – gli rispose: «L’Italia no, non ce la farà. Ma gli italiani sì». Secondo lei questa volta come va a finire?

«Io dico che l’Italia ora ha tutto per uscire dalla crisi. Hai soldi e ha la guida giusta. Se tutti remiamo nella stessa direzione ce la faremo».

Lei da che parte rema?

«lo ho già remato. Adesso voglio rifiatare un po’. Penso che Italia Viva potrà giocare un ruolo importante nel mondo riformista, specie se il Pd resterà sdraiato sul Movimento Cinque Stelle. Ma quello che accadrà domani lo vedremo. Ora ho bisogno di stare un po’ nella mia Firenze».

Intervista al QN, di Michele Brambilla, 7 febbraio 2021.  

- Advertisement -

Potrebbe Interessarti

- Advertisement -

Ultime Notizie

- Advertisement -