AgenPress – La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha dichiarato irricevibile il ricorso di Giancarlo Galan contro la legge Severino, affermando che la sua destituzione dal mandato parlamentare in seguito alla condanna per corruzione nel caso degli appalti Mose, non può essere equiparata a una pena. La misura, dice la Cedu, non può quindi essere presa in considerazione nel caso si lamenti una violazione dell’articolo 7 della convenzione europea dei diritti umani, che prevede la non retroattività dell’applicazione delle leggi in materia penale.
Nella sua decisione di irricevibilità del ricorso Galan, che è definitiva, la Corte di Strasburgo evidenzia “di accettare la scelta del legislatore italiano di scegliere come riferimento per l’applicazione della legge Severino la data in cui una condanna diviene definitiva e non quella in cui sono stati commessi i reati”. Inoltre i giudici della Cedu sostengono che la procedura parlamentare che porta alla destituzione del mandato offre sufficienti garanzie.
Nel suo ricorso l’ex governatore del Veneto ha sostenuto di aver subito le stesse violazioni denunciate a suo tempo da Silvio Berlusconi, che ha poi deciso di chiedere alla Corte di Strasburgo di non pronunciarsi sul suo caso. Secondo entrambi le misure previste dalla legge Severino sono una pena e che come tale non può essere applicata retroattivamente. Inoltre, la decisione del Parlamento di porre fine al loro mandato ha violato il diritto a rappresentare i cittadini che li avevano eletti. E infine che in Italia non c’è una via legale per ricorrere in tribunale contro la destituzione dal mandato e l’incandidabilità previste dalla legge Severino.