Salario minimo. Intervista Avvenire. Giuseppe Conte: “Non ci saranno compromessi al ribasso”

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AgenPress. Presidente Conte, commento secco: com’è andato davvero l’incontro? «Noi siamo entrati a Chigi con una proposta chiara per alzare gli stipendi a quasi 4 milioni di lavoratori. A fine incontro da Meloni non sono arrivate però né proposte, né idee. Perché il governo non ne ha. Ho trovato una Meloni irriconoscibile rispetto a quella dell’opposizione, che aveva soluzioni facili e pronte per tutto. Dai 1.000 euro con un click in pandemia, al blocco navale. Ora che sono al governo buttano la palla in tribuna, al Cnel presieduto da Brunetta. Se buttano la palla in tribuna, noi la riportiamo in campo con il sostegno dei cittadini, rivolgendoci al Paese: faremo una raccolta firme sul salario minimo legale». Il leader di M5S ed ex premier, tra i leader di opposizione è il più duro all’uscita da Palazzo Chigi. E se qualcuno nell’asse di centrosinistra che ha confezionato la proposta sul salario minimo sta pensando di ripartire da zero, tendendo la mano a Meloni, lui avvisa: «Non ci saranno compromessi al ribasso».

Non c’è proprio niente da salvare?
«Ho chiarito la nostra proposta punto per punto con numeri, studi e grafici. Innanzitutto ho dovuto di nuovo smontare la balla per cui con il salario minimo legale si abbassano gli stipendi. Lo può dire solo chi non ha letto la proposta: chi prende 11 euro l’ora continuerà a prenderli, chi ne prende 5 salirà a 9. Quando Meloni ha chiesto conto le ho detto che abbiamo le idee chiare. Possono venirci dietro come sugli extraprofitti».
Quindi zero aperture sulla proposta delle opposizioni?
«Vedo un governo in grande difficoltà che rinvia perché non sa cosa fare. Sono soddisfatto di due cose. Il salario minimo legale a 9 euro che il M5S propone da 10 anni ora unisce le opposizioni e costringe questo governo che blaterava di “slogan” e “Unione Sovietica” a convocare una riunione a Palazzo Chigi. Continueremo su questa strada fino all’obiettivo di migliorare gli stipendi di questi lavoratori».
Lei cosa ha detto alla premier?
«Abbiamo trovato Giorgia Meloni in gran confusione sul salario minimo legale. Ricordiamoci che poche settimane fa hanno presentato un emendamento soppressivo per cancellare la proposta sul salario minimo. Appena si sono accorti di avere il Paese contro – anche i loro elettori – hanno organizzato questa iniziativa mediatica l’11 agosto per correre ai ripari. Di soluzioni però non ne hanno. Staremo a vedere, ci appelleremo ai cittadini e al Paese».
C’è spazio per un’altra misura di compromesso tra maggioranza e opposizione?
«Voglio essere chiaro: su questo tema, il M5S non fa compromessi al ribasso in cui si spacca la platea dei quasi 4 milioni di lavoratori che aspettano il salario minimo legale. Le proposte che abbiamo letto qua e là, penso a quelle di Forza Italia o della Lega, non risolvono il problema del lavoro povero. Anzi, in alcuni casi rischiano di peggiorare ulteriormente la situazione. Il salario minimo già esiste in 22 Paesi europei su 27, dove la misura ha portato benefici evidenti».
Dalle banche alle paghe basse, Meloni sta rimettendo nella sua agenda temi sociali: come valuta queste mosse?
«Ricordo che questo è il governo che ha smantellato il Reddito di cittadinanza lasciando senza protezione sociale mezzo milione di famiglie, quasi 100mila delle quali con all’interno soggetti fragili (minori, anziani e disabili). Non dimentichiamoci che hanno anche deregolamentato l’uso dei contratti a termine e dei voucher. Sul contributo sugli extraprofitti bancari, che il M5S ha proposto per primo cinque mesi fa, la maggioranza ci ha detto “no” almeno 8 volte in Parlamento. Poi l’ennesima retromarcia. Bene, anche se in ritardo. Ora quelle risorse vadano a chi ha sofferto per il caromutui e per i rincari di questi mesi».
Banche e comunità internazionale si sono schierate contro la tassa sugli extraprofitti: hanno ragione o lei “difende” il governo?
«Difendo la filosofia dell’intervento, non il governo. Noi guardiamo sempre alle cose giuste per i cittadini. Come ricordato poc’anzi, noi siamo stati i primi a proporre un contributo di solidarietà, anche sulla scorta di numerose analisi al riguardo. Economisti come Stiglitz e Piketty stanno proponendo da mesi forme di prelievo sui cosiddetti “windfall profits”, ossia i profitti inaspettati di alcuni settori economici. E ci sono anche studi dell’Fmi che, dati storici alla mano, suggeriscono questa forma di prelievo in chiave redistributiva. A nostro parere, è necessario richiedere gli extraprofitti anche alle imprese assicurative, del settore farmaceutico e all’industria bellica, che fra pandemia e guerra hanno accumulato profitti straordinari».
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