Sanità: Mattia-Ciarla (Pd), Come Meloni anche Rocca nel Lazio favorisce privati

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AgenPress. “Un ordine del giorno alla legge di bilancio della Regione Lazio per impegnare la Giunta Rocca a promuovere presso il Governo nazionale l’aumento in manovra delle risorse per il Sistema sanitario nazionale al 7,5% del Pil, con un incremento di circa 20 miliardi complessivi in 5 anni (2023-2027), nel rispetto degli standard indicati dall’Ocse per garantire il fabbisogno di risorse umane e i livelli assistenziali ed evitare ulteriori ricadute negative sulla sanità pubblica di Roma e del Lazio, che, secondo i dati della Fondazione Gimbe, nel 2025 di questo passo sarà la prima regione in Italia con il minor numero di medici di famiglia”.

Lo annunciano in una nota congiunta i consiglieri regionali Pd del Lazio, Eleonora Mattia, presidente del Comitato Regionale di Controllo Contabile, e Mario Ciarla, capogruppo del Gruppo Dem alla Pisana.

“Il trend in picchiata dei fondi per la sanità pubblica è ormai noto da mesi, come Pd Lazio avevamo infatti presentato questa misura già lo scorso agosto con una proposta di legge in Consiglio regionale, ed è stato poi confermato i primi di ottobre dalla Fondazione Gimbe, che aveva evidenziato come il rapporto spesa sanitaria/Pil sarebbe diminuito progressivamente nei prossimi anni: dal 6,6% del 2023 al 6,1% nel 2026, ben al di sotto del 7,5% indicato dall’Ocse, come ora torniamo a proporre nel bilancio regionale. – spiegano – Comprendiamo bene quindi le ragioni dello sciopero di medici, infermieri e operatori della sanità, ai quali va la nostra solidarietà”.

“Come il Governo Meloni, anche il presidente Rocca, che ha la delega alla sanità, nel Lazio favorisce i privati ai danni della sanità pubblica: da un lato ha centralizzato e bloccato le assunzioni nelle Asl, invece di stabilizzare i precari e assumere nuovo personale, dall’altro continua a dare soldi ai privati per decongestionare liste d’attesa e Pronto Soccorso con costosissime misure spot, come quella dei ‘medici a gettone’, pagati rispetto agli stessi colleghi assunti, fino a 250 euro l’ora e fino a mille euro a turno, che possono arrivare fino a 3.600 per 48 ore di turni accorpati. Una ‘spending review a intermittenza’ ai danni di servizio pubblico, lavoratori e pazienti.

Le destre al governo stanno disegnando una società in cui solo chi potrà pagare potrà accedere a cure dignitose. E’ incostituzionale, oltre che umanamente inammissibile”, concludono.

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