“POLITICHE MIOPI, COSÌ SI METTE A RISCHIO LA SANITÀ E SI MANDA UN MESSAGGIO PERICOLOSO ALL’EUROPA”
AgenPress. A nome di AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia) e del Movimento Internazionale UNITI PER UNIRE, con la collaborazione costante di AISC NEWS INTERNAZIONALE (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini), interviene il Presidente e fondatore Prof. Foad Aodi.
“Una scelta che penalizza chi lavora per il Paese e mette a rischio la sanità britannica”
«Guardiamo con forte preoccupazione, negli ultimi giorni, alle nuove misure sull’immigrazione adottate dal Governo britannico, che rischiano di provocare un esodo fino a 50mila infermieri formati all’estero. Parliamo di professionisti che da anni sostengono il sistema sanitario del Regno Unito e che rappresentano il 25% della forza lavoro infermieristica nazionale. Perdere questa componente significherebbe minare la sicurezza dei pazienti e aggravare crisi già drammatiche», afferma il Prof. Aodi.
“Nel 2025 è inaccettabile una politica che esclude invece di integrare”
«Queste misure non guardano al futuro. Nel 2025 non possiamo tornare alle logiche della chiusura: servono politiche di integrazione moderne, sostenibili e rispettose delle persone che vivono, lavorano e contribuiscono alle società europee.
Molti degli infermieri coinvolti risiedono nel Regno Unito da anni, lavorano stabilmente, pagano le tasse e garantiscono continuità assistenziale. Meritavano percorsi chiari di regolarizzazione, non ostacoli burocratici che raddoppiano i tempi per ottenere la residenza permanente», prosegue Aodi.
“Una stretta che rischia di diventare un pericoloso precedente per l’Europa”
Il Presidente AMSI avverte: «Una politica di questo tipo invia un messaggio sbagliato al resto dell’Europa. Temiamo che altri Paesi, invece di investire sull’integrazione e sul riconoscimento del contributo dei professionisti stranieri, possano imitare scelte che penalizzano intere comunità e mettono in difficoltà i servizi sanitari».
Impatto sanitario: “Senza personale straniero molti sistemi occidentali non reggono”
Secondo Aodi, le conseguenze sulla sanità britannica saranno immediate:
– aumento dei tempi di attesa;
– riduzione dei servizi;
– pressione insostenibile sugli operatori rimasti;
– rischio concreto di peggioramento degli standard di qualità.
«La forza lavoro internazionale è parte integrante della sanità moderna. Colpire chi garantisce assistenza quotidiana significa indebolire l’intero sistema. Non vorremmo che questa stretta portasse a un collasso, come riportato dal Guardian», aggiunge.
Integrazione, dialogo e cooperazione: la via maestra
Aodi richiama i valori che da sempre guidano AMSI, UMEM, Co-mai e Uniti per Unire.
«Le nostre realtà lavorano da 25 anni per integrazione, dialogo e cooperazione. L’Europa deve correre verso un percorso di maggiore integrazione, non compiere passi pericolosi indietro. Serve una politica dell’immigrazione fondata sulla dignità, sulla partecipazione e sul riconoscimento del ruolo essenziale dei professionisti stranieri nei servizi pubblici.
Solo così si costruisce una società più sicura, più equa e più forte».
“In Europa oltre due milioni di professionisti sanitari di origine straniera: politiche restrittive mettono a rischio diritti e sistemi sanitari”
Aodi richiama anche i dati raccolti da AMSI e UMEM sulla presenza dei professionisti sanitari stranieri in Europa: «Parliamo di oltre 638.000 medici di origine straniera e più di 1.800.000 infermieri attivi nei Paesi europei. Sono numeri imponenti, che raccontano il ruolo determinante svolto dai professionisti immigrati nel garantire la tenuta dei sistemi sanitari nazionali. Ridurre oggi gli spazi di ingresso, di permanenza o di regolarizzazione significa compiere una scelta antidemocratica e antiliberale, che lede i diritti universali del lavoro e dell’integrazione».
Il leader delle suddette associazioni e movimenti avverte: «Queste misure non colpiscono solo i lavoratori, ma penalizzano direttamente i pazienti europei. Allo stesso tempo, da un punto di vista globale, rischiano di innescare un effetto opposto: Paesi che hanno subito per anni un esodo di medici e infermieri – come India, Pakistan, diverse nazioni arabe, o il Nord Africa nei confronti della Francia – potrebbero improvvisamente beneficiare del ritorno forzato di professionisti che lavoravano da decenni in Europa. È la dimostrazione che le politiche non ponderate generano squilibri e nuove disuguaglianze».
Aodi insiste su un punto chiave: «Serve una immigrazione sanitaria programmata, non politiche “usa e getta” o di sfruttamento a basso costo. Abbiamo visto cosa ha tentato l’Inghilterra, abbiamo visto cosa ha provato a fare la Germania con i professionisti siriani: modelli che creano instabilità, precarietà e sfiducia. Occorre invece un sistema trasparente, censito, basato sul fabbisogno reale dei Paesi, libero da pregiudizi e radicato nel rispetto dei diritti e dei doveri di chi cura».
“L’Italia non segua questo esempio: servono inclusione, non barriere. Valorizzazione e riconoscimenti per i lavoratori immigrati siano al primo posto”
Il Prof. Aodi richiama con forza anche il contesto italiano, con particolare riferimento alla sanità: «È fondamentale che l’Italia non imbocchi la stessa strada. Il nostro Paese vive una carenza strutturale di personale sanitario e dipende in modo crescente dal contributo di professionisti di origine straniera, che rappresentano un valore aggiunto, non un problema. Chiudere le porte significherebbe indebolire ulteriormente un sistema già sotto pressione».
Aodi sottolinea come integrazione, stabilizzazione e percorsi di riconoscimento professionale più rapidi siano la vera priorità: «Le leggi che complicano la vita di chi lavora negli ospedali, nelle Rsa, nei territori e nei pronto soccorso avrebbero ripercussioni gravissime. È invece il momento di valorizzare i professionisti già presenti in Italia, facilitare i percorsi di inserimento e sostenere chi decide di restare».
E aggiunge: «Il caso britannico dimostra che politiche restrittive portano fuga di competenze e crisi del sistema sanitario. L’Italia deve trarre una lezione chiara: costruire ponti, non barriere. L’integrazione è una ricchezza e un investimento per il futuro della nostra sanità».
Appello finale
«Invitiamo le istituzioni europee e britanniche a un confronto immediato per rivedere misure che rischiano di compromettere la sanità pubblica e la coesione sociale. Proteggere chi cura significa proteggere tutta la comunità», conclude Aodi.
