Confindustria: “Serve un new deal per il Mezzogiorno. Investire al Sud converrebbe anche al centro-nord”

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Agenpress –  “Il green new deal per noi va benissimo.  Molte aziende in Italia hanno già da anni lavorato per rendere tutto più ecosostenibile, forse è il governo che è in ritardo. C’è però da fare anche un new deal per il mezzogiorno.

Significa investire in infrastrutture per il mezzogiorno, investire da parte del governo innanzitutto rispetto alle regole che ci chiede l’UE. Investire al sud significherebbe anche avere un ritorno del pil nel centro-nord, è un win-win. Fino ad oggi il sud è stato abbandonato”.

CosìmGabriele Menotti Lippolis, presidente dei giovani imprenditori sud Confindustria,  intervenuto ai microfoni di  Radio Cusano Campus.

Sulla mafia e il pizzo. “Io purtroppo ho avuto due episodi di quel tipo. E devo dire che lo Stato mi è stato vicino, la polizia mi è stata vicina e rispetto ad alcune richieste di denaro io ho subito denunciato. Tutti gli imprenditori dovrebbero fare altrettanto. Solo in questa maniera possiamo diventare più forti, quindi non aver paura e anche chi vorrà fare impresa saprà che il sud non è più terra di nessuno e fa parte dell’Italia. Però se gli investitori vedono che il governo non investe nel mezzogiorno, che non rispetta le risorse proporzionate alla percentuale della popolazione, è logico che possano pensare che quello sia un territorio abbandonato. Credo siamo arrivati ad un bivio, o si comincia a pensare realmente all’intero Paese oppure ci saranno altri casi Ilva. Se il sud non avesse un tasso di disoccupazione giovanile, femminile, tutto concentrato nelle regioni del mezzogiorno, il caso Ilva sarebbe un caso marginale, invece purtroppo è un caso centrale che va a incidere ulteriormente sulle difficoltà del territorio”.

Sull’ex Ilva. “Credo che questo toro vada preso per le corna. Una volta per tutte si deve capire cosa vuole questo Paese, il governo stesso deve capire cosa vuole. Nel momento in cui si è fatto un accordo non si deve mai dare una scusa ad un’azienda, soprattutto se grande e straniera, per poter cominciare a contrattare altro. L’errore è stato togliere lo scudo penale.

Secondo me se Arcelor non si fosse vista negato lo scudo penale difficilmente si sarebbe seduta al tavolo col governo a trattare di questioni occupazionali, almeno nell’immediato. C’è  investitore che sta investendo tanto anche in risanamento ambientale e noi dobbiamo ringraziarlo di questo. Il piano di risanamento è cominciato, cosa che non era accaduto quando l’ilva si chiamava ItalSider ed era dello Stato italiano. Cosa facevano lì i politici? Cosa dicevano? Cosa diceva il territorio? Cosa diceva la procura dell’epoca? Solo ora che è passato ai privati sorgono i problemi.

Sull’Ilva va fatto un piano straordinario, nel momento in cui l’investitore dice che ci sono 4000 esuberi ci si deve confrontare, capire qual è la strada migliore, capire come ricollocare quelle 4000 risorse o magari abbassare il numero degli esuberi. I sindacati hanno detto che cominceranno degli scioperi, per alcuni versi hanno anche ragione, però quando si tratta di esuberi così numerosi credo che il buon senso ci debba guidare, quindi credo vada fatto un piano straordinario. La strada non può essere assolutamente la chiusura che significherebbe più di 20mila esuberi”.

 

Sull’UE. “In Europa l’Italia dovrebbe essere molto più autorevole, purtroppo però al nostro interno il dibattito politico non ce lo consente perché chi sta all’opposizione e a volte anche chi sta al governo delegittima e indebolisce il governo stesso. Questo è un gioco a cui stanno giocando da tempo i nostri politici. Serve una maggiore responsabilità invece che fare proclami. Se avessimo maggiore autorevolezza e credibilità l’UE potrebbe intervenire in casi come quello dell’Ilva e aiutarci”.

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