AgenPress. Per l’omicidio di Serena Mollicone avvenuto il primo giugno del 2001, Consuelo Mollicone sorella della vittima, farà appello chiedendo alla Corte d’Assise d’Appello di Roma il ribaltamento della sentenza di primo grado con cui nel luglio scorso il Tribunale di Cassino ha assolto i 5 imputati, ovvero: l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, suo figlio Marco, sua moglie Anna Maria e i sottufficiali Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.
Tramite gli avvocati Sandro Salera e Anthony Iafrate, Consuelo Mollicone depositerà l’istanza lunedì 20 marzo. Annuncia ricorso in Appello anche Maria Tuzi, la figlia di Santino Tuzi: il brigadiere della caserma dei carabinieri di Arce trovato morto suicida nel 2008.
Uno strano suicidio al centro del processo Mollicone. Maria Tuzi ha rivelato a “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia TV, la sua intenzione di fare appello contro la sentenza di primo grado, rivelando anche le numerose minacce ricevute in questi anni.
Intervistata da Fabio Camillacci, Maria Tuzi ha detto:
“Noi non ci arrendiamo e stiamo già lavorando per fare appello contro la sentenza di primo grado. Il nostro obiettivo è proprio far risaltare e rendere veritiere tutte le deposizioni fatte da mio padre. Purtroppo lui è stato ritenuto inattendibile dai giudici in quanto dopo aver fatto alcune dichiarazioni le ritrattò perché era spaventato. Non a caso morì poco prima del confronto che avrebbe dovuto avere nel 2008 con il maresciallo Franco Mottola.
Sono da sempre convinta che mio padre non si suicidò ma fu indotto al suicidio qualcuno dice che venne proprio ‘suicidato’ perché il giorno della scomparsa di Serena lui era di piantone all’ingresso e disse di averla fatta entrare in quanto era attesa nell’appartamento della famiglia Mottola che stava all’interno della caserma dei carabinieri di Arce. Finì il suo turno alle 14 senza vedere più uscire Serena.
In sede di Appello quindi dimostreremo che le difficoltà di mio padre non dipendevano dalla sua inattendibilità ma dal clima di terrore che stava vivendo in quei giorni perché evidentemente veniva continuamente minacciato da chi ha ucciso Serena Mollicone. E voglio ricordare che anche io sono stata più volte minacciata per aver portato avanti questa battaglia per la verità su Serena e mio papà. Minacce telefoniche ma anche terribili minacce dal vivo.
Un giorno trovammo il mio cane con uno spago stretto forte intorno al collo mentre io ero in casa con i miei figli; qualcuno evidentemente cercò di farlo morire strangolato per quanto era stretto quello spago che facemmo fatica a tagliare. Mentre il giorno stesso in cui i 5 imputati furono rinviati a giudizio, qualcuno minacciò mio figlio. Un fatto che mi spaventò moltissimo e a un certo punto pensai anche di non andare più avanti e uscire dal processo per proteggere la mia famiglia; come fece mio padre quando fu minacciato dagli assassini di Serena.
Comunque, nonostante la rabbia dopo la sentenza di primo grado io credo ancora nella giustizia, e credo che possa essere fatta giustizia per Serena e per mio padre. Resto fiduciosa alla luce del grande lavoro fatto dalla Procura di Cassino. Ricordo che dopo la riesumazione il corpo di Serena ha parlato facendoci capire cosa sia realmente successo in quell’inizio di giugno 2001.
L’auspicio è che in Appello i responsabili vengano finalmente e giustamente condannati. E da queste telecamere voglio ribadire il mio appello: ad Arce in tanti sanno cosa accadde a Serena e a mio padre; mi rivolgo a loro dicendo, toglietevi questo peso dalla coscienza e parlate”.