AgenPress. Barbara Iannuccelli, avvocato dell’Associazione Penelope, che si è costituita parte civile nel processo sulla morte di Saman Abbas, è intervenuta nella trasmissione “Prisma” condotta da Andrea Mollas e Cinzia Santangeli in onda su Cusano Italia Tv.
Il padre di Saman è in Pakistan, ma vuole prendere parte al processo.
“No, non si è mai collegato e a livello processuale la sua detenzione in Pakistan era stata considerata un impedimento legittimo. Questa riserva è stata sciolta la scorsa udienza solo che per problematiche tecniche non è stato possibile. Shabar sembra che intenda video collegarsi: sarà un momento emozionante anche per noi. Si sta parlando molto in Pakistan che pende ancora per Shabar il rilascio su cauzione. Sarebbe per noi interessante conoscere la sua posizione, sembra che Saman fosse stata uccisa dal fidanzato che avrebbe preteso 20mila euro per riportarla in Pakistan viva o morta. Questo caso prima di essere un caso di omicidio è un caso di grande amore, di due ragazzi soli. Si sono conosciuti su TikTok ma adesso in questo mare nero uno ne uscirà morto. Il loro intendimento era crearsi una vita insieme. Il permesso di soggiorno di Saman era scaduto nel 2020, ma lei questo non lo sapeva e questo ci è testimoniato dal fatto che lei farà a febbraio una denuncia di smarrimento di questo documento. L’ingenuità di Saman profuma di zucchero filato, è un’ingenuità talmente potente e disarmante. L’ingenuità si mescola ad un potentissimo amore”
Come dobbiamo leggere il fatto che il padre voglia intervenire nel processo italiano?
“Io penso che Shabar sia molto arrabbiato. Penso che Shabar con la sua presenza voglia mandare dei segnali alle persone che sono in Italia. È un modo per mandare dei messaggi”
Secondo lei sta mentendo?
“Si è assistito a questa strana area che c’era nell’aula d’udienza. Partiamo all’inizio dell’udienza preliminare con questa immagine: una ragazza scomparsa e nessuno che fosse in grado di raccontare o di dire, dato l’assenza del corpo. Avevamo un fronte compatto tra gli imputati. Quando Danish parla con la moglie e questa lo informa che Shabar era stato arrestato, questa è stata la molla per Danish di estraniarsi da questo gruppo, il cambio dell’avvocato è stato determinante per far in modo di tirar fuori Danish da questo sodalizio criminale.
Le posizioni sono nette, i fronti sono divisi, Danish svetta: a livello processuale questo comporta che lui stesso vuole uscirne con le mani pulite e si definisce una vittima. Ha avuto dei segnali dall’autorità giudiziaria che ha fatto venire in Italia la moglie di Danish, cosa che per i genitori di Sakib non è stata fatta. Abbiamo la netta sensazione che ci sia questa collaborazione di Danish con lo Stato Italiano per avere il suo tornaconto”.
Tutti questi pezzi che stanno uscendo e mischiano le carte possono rallentare il processo?
“Chi fa processo in Corte d’Assise è abituato. Soprattutto quando c’è un gruppo. Non è che se non venisse individuato l’autore materiale di questo reato, allora gli altri non verranno condannati. Queste forzature strategiche creano danni micidiali. La prossima udienza sarà il 31 marzo”.