AgenPress – Secondo l’Istat, da qui al 2040 il numero di persone in età lavorativa
diminuirà di 5,4 milioni di unità, malgrado un afflusso netto dall’estero di
170.000 persone all’anno. Questa contrazione si tradurrebbe in un calo del
PIL del 13 per cento, del 9 per cento in termini pro capite.Nonostante la crescita dell’ultimo decennio, la partecipazione al mercato del lavoro, pari al 66,7 per cento, rimane di 8 punti percentuali inferiore alla media dell’area dell’euro.
E’ per questo che il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, al suo esordio davanti alla platea della riunione annuale a Palazzo Koch, ha individuato come possibile contributo per rimpolpare le fila degli occupati in Italia l’idea di puntare sugli immigrati, i cui flussi, dice, vanno gestiti a livello europeo.
Il divario non è ampio per gli uomini, ma sale a 13 punti percentuali sia per i giovani tra 20 e 34 anni sia per le donne.
L’occupazione giovanile ha risentito della bassa crescita. Molti hanno
cercato migliori prospettive di lavoro all’estero: 525.000 giovani italiani sono
emigrati tra il 2008 e il 2022; solo un terzo di essi è tornato in Italia. Hanno
lasciato il Paese soprattutto i laureati, attratti da opportunità retributive e di
carriera decisamente più favorevoli.
L’esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del nostro paese, tradizionalmente afflitto da bassi livelli di istruzione.
Il tasso di occupazione femminile è ancora al 52,5 per cento. In Italia è
difficile conciliare impegno lavorativo e carichi familiari. L’abbandono del
mercato del lavoro dopo la nascita del primo figlio è tra le principali motivazioni
della bassa partecipazione ed è positivo che il Piano nazionale di ripresa e
resilienza (PNRR) dedichi risorse rilevanti ai servizi per l’infanzia.
Ad accrescere l’occupazione potrebbero contribuire misure volte a
promuovere una diversa organizzazione del lavoro tra quello in presenza e
quello a distanza; una revisione del sistema di detrazioni e trasferimenti che
riduca i disincentivi al lavoro del secondo percettore di reddito in una famiglia;
l’adozione di politiche per stimolare l’assunzione di persone da tempo fuori dal
mercato del lavoro.
Decisi aumenti dei tassi di occupazione – fino ai livelli medi dell’area
dell’euro – potrebbero arrivare a controbilanciare gli effetti del calo demografico
e mantenere invariato il numero degli occupati. È inoltre possibile che un
sostegno all’occupazione derivi da un flusso di immigrati regolari superiore a
quello ipotizzato dall’Istat. Occorrerà gestirlo, in coordinamento con gli altri
paesi europei, bilanciando le esigenze della produzione con gli equilibri sociali
e rafforzando le misure di integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di
istruzione e nel mercato del lavoro.
Ma è chiaro che anche con maggiore occupazione e maggiori flussi migratori
l’apporto del lavoro alla crescita dell’economia non potrà che essere modesto.
Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati.